In queste ore il tema delle pensioni sta riscuotendo un enorme interesse. Infatti, si attende l’ufficialità, come anticipato in precedenza, del fatto che arriverà a fine 2018, con la legge di bilancio, l’addio alla legge Fornero.
La principale novità della futura riforma, riguarda la cosiddetta quota 100, ovvero in questo caso la pensione si raggiungerà sommando l’età anagrafica del lavoratore che vuole andare in pensione ai contributi versati da quest’ultimo. Tuttavia, sono previsti due requisiti, fatti trapelare però nelle ultime settimane: aver compiuto 64 anni e al massimo due anni di contributi figurativi.
Più incerto invece il discorso dei “Quota 41“: infatti, tali lavoratori dovrebbero raggiungere appunto 41 anni di contributi versati.
I dubbi riguardano il fatto che se si dovesse scendere alla soglia che permette di lasciare il lavoro a qualsiasi età, il requisito minimo di contributi sarebbe quello di almeno 41 anni e mezzo. O forse anche qualcosa di più.
Altrimenti, si potrebbe creare l’abbandono del lavoro contemporaneo di centinaia di migliaia di persone, portando scompensi all’Inps e ai conti pubblici.
Pertanto, subito dopo l’estate, il governo dovrà intensificare il lavoro su questi temi, molto cari ai lavoratori, compresi ovviamente quelli della scuola.
Quindi l’idea del governo è quella di cambiare le regole che oggi sono in vigore, ovvero per la pensione di vecchiaia sono richiesti 66 anni e 7 mesi di età (più 20 anni di anzianità contributiva) che dal prossimo anno aumenteranno a 67 anni a causa dell’adeguamento con l’aumento delle aspettative di vita rilevato dall’Istat.
Per la pensione anticipata, invece, non viene indicata alcuna età anagrafica poiché è sufficiente aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (per gli uomini) o 41 anni e 10 mesi (per le donne). Anche il requisito contributivo della pensione anticipata subirà una variazione dal 1° gennaio 2019 quando per smettere di lavorare bisognerà aver maturato 43 anni e 3 mesi (uomini) o 42 anni e 3 mesi (donne).
Il 4 aprile 2018 l’Inps ha pubblicato la circolare n.62 che fissa l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita.
Dal 1° gennaio 2019, quindi, si andrà in pensione più tardi rispetto ad oggi.
L’aumento dell’età pensionabile, però, non sarà valido per tutti. Ci sono delle categorie di lavoratori, infatti, che potranno accedere alla pensione di vecchiaia all’età di 66 anni e 7 mesi, purché però abbiano maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni (e non 20).
Si tratta dei lavoratori che per almeno metà della abbiano svolto un’attività considerata usurante, tra cui ricordiamo gli insegnanti della scuola dell’infanzia, cioè i lavoratori che lavorano nel sistema integrato 0-6.
Risulta indispensabile ricordare, che non basta avere svolto un lavoro usurante per ottenere la pensione anticipata, ma bisogna avere un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e avere 61 anni e 7 mesi.
Inoltre tali lavoratori devono avere almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa, compreso l’anno di maturazione dei requisiti, per le pensioni che hanno decorrenza entro il 31 dicembre 2017 e almeno la metà della vita lavorativa per le pensioni con decorrenza dall’1 gennaio 2018 in avanti.
Ovviamente, tali requisiti pensionistici andrebbero revisionati in caso di riforma delle pensioni.
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