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Pensioni, in arrivo la “stretta” finale

Spostare le pensioni di vecchiaia da 65 a 67 anni e attuare un’ulteriore “stretta” a quelle di anzianità. Sono queste le indiscrezioni che giungono dagli ambienti di Governo, a seguito del monito inviato da Bruxelles al nostro presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il 23 ottobre, per cercare soluzioni pesanti (come anche quella di vendere il patrimonio immobiliare dello Stato) da applicare nell’arco di 72 ore al fine di ridurre il debito pubblico italiano ormai da record.
Ma cosa accadrà di fatto per i dipendenti, compresi quelli della scuola, se il piano dovesse realizzarsi? Per gli uomini che lasceranno il lavoro per raggiunti limiti di età si tratterebbe di posticipare l’uscita dal lavoro di un biennio (forse un triennio, se vi si aggancerà anche l’aspettativa di vita con la finestra già prevista per le pensioni di anzianità): oggi adeguarsi all’Europa significa, infatti, andare in pensione a 67 anni. E questo è un nuovo traguardo (impensabile fino a pochi anni fa) che danneggerà particolarmente le donne che hanno iniziato a lavorare tardi: nel volgere di qualche lustro la loro soglia di pensionamento è stata spostata in avanti di ben 7 anni: da 60 a 67!.
Ma la “beffa” più grande è per tutti coloro, uomini compresi, che intendevano lasciare in anticipo: con ogni probabilità la storica quota 92 (frutto degli di servizio sommati all’età anagrafica), oggi diventata 96/97, verrà trasformata in quota 100. In pratica, un dipendente pubblico che verrà andare in pensione in anticipo dovrà avere due requisiti: 35 anni di contributi e 65 anni di età oppure 40 anni di contributi e 60 anni all’anagrafe (a cui si aggiunge almeno un anno di finestra mobile derivante delle aspettative di vita sempre più alte). Due traguardi che, alla luce delle difficoltà che incontra il personale della scuola ad inizio carriera nel trovare una collocazione lavorativa stabile, potrebbero trasformare la pensione di anzianità in una vera a propria chimera.
Nelle prossime ore sapremo se si tratta solo di voci oppure di anticipazioni più che fondate. A meno che la Lega non mantenga il proprio veto all’operazione: “il comparto delle pensioni ha già dato”, ha detto il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Il popolo dei “lavoratori” del Carroccio è già pronto a scendere in piazza. Basterà per reggere l’urto dell’Europa che conta, a iniziare da Germania e Francia?
Alessandro Giuliani

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