Anche il comparto scuola ha scioperato e tantissimi insegnanti sono scesi in piazza. Complessivamente circa diecimila persone il 18 febbraio hanno manifestato ad Atene contro la riforma delle pensioni, ritenuta inaccettabile per i sindacati e l’opposizione: troppo alta l’età per andare in pensione e basso l’assegno.
All’attuale governo conservatore si muove l’accusa di consolidare le pesanti regole sulle pensioni adottate già negli anni passati, quando i provvedimenti di “austerity” si sono abbattuti sulla popolazione greca.
I sindacati esprimono forte preoccupazione perché secondo loro l’annunciata riforma pensionistica privatizza la sicurezza sociale e spingerà i giovani occupati verso assicurazioni private.
Manifestazioni massicce anche in molte altre città elleniche (e qualcuno indossava un gilet giallo per uniformarsi a tanti lavoratori che hanno partecipato alle proteste in Francia). Nella capitale e a Salonicco sciopero prolungato dei trasporti pubblici, dei dipendenti pubblici e dei giornalisti.
In effetti le grandi manifestazioni in Grecia sono passate piuttosto “sotto silenzio”, forse c’è chi teme che possa diffondersi il “virus” della protesta, della rivolta contro un sistema che non soddisfa e non garantisce le classi medie e quelle più povere. Insomma, dopo le proteste vibranti e durature in Francia, prima dei “gilet gialli” e poi dei manifestanti contro la riforma delle pensioni proposta da Macron, ora questo sciopero in Grecia: forse un po’ di preoccupazione comincia ad insinuarsi nei “tecnocrati” e nei politici che governano l’Unione europea.
Ricordiamo che in cambio di miliardi di euro in fondi di salvataggio, la Grecia ha dovuto adottare impopolari riforme di austerity. In realtà secondo l’opinione di molti osservatori gran parte di quei finanziamenti (si parla addirittura del 95%!) sono serviti per ricapitalizzare il sistema creditizio del Paese (lo Stato non era più considerato solvibile per la crisi profonda dell’economia ellenica) e ripagare le banche di alcuni Paesi europei (in particolare quelle tedesche) che si erano esposte verso il debito sovrano greco. E in buona sostanza si può dire che i contribuenti di Paesi europei (visto che buona parte delle esposizioni è passata dalle banche agli Stati, attraverso “fondi salva-Stati europei”, con meccanismi tra l’altro discutibili in quanto a ripartizione) hanno dovuto “soccorrere” banche europee e altri creditori privati!
Personalmente ho documentato, grazie a ricerche e al contributo di una rappresentante sindacale greca, in un articolo pubblicato anni fa sul quindicinale cartaceo “La Tecnica della Scuola” le condizioni in cui erano costretti ad andare a scuola tanti bambini greci, le cui famiglie si erano impoverite e vivevano a fatica con la pensione (peraltro decurtata) dei nonni perché i genitori avevano nel frattempo perso il posto di lavoro; bambini che spesso non avevano una colazione da consumare uscendo di casa e dovevano sperare che qualche compagno di classe o qualche insegnante e preside fornisse loro un pasto (persino bambini che cercavano cibo tra la spazzatura). E non è che nel settore sanitario le cose andassero tanto meglio, con ospedali sprovvisti di medicinali, che a volte arrivavano con donazioni private!
E questo nel cuore dell’Europa: vergogna‼ Non che da altre parti del mondo ciò sia tollerabile, sia chiaro, ma il riferimento è alle “centrali di comando” a Bruxelles, e ovviamente all’ideologia e alle conseguenti politiche neoliberiste.
Intanto Yanis Varoufakis, economista ed ex ministro delle finanze del governo ellenico formato dalla coalizione di sinistra Syriza, ha recentemente annunciato la pubblicazione delle registrazioni che ha fatto durante le riunioni dell’Eurogruppo del 2015 riguardanti la crisi greca.
L’ex ministro greco cercò di opporsi strenuamente alle ingerenze e alle impietose ricette di austerity imposte dalla “Troika” (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale), ma poi sappiamo come è finita.
In apertura di un suo intervento su questa decisione ha dichiarato: “durante la prima metà del 2015, come ministro delle finanze della Grecia, ho partecipato a tredici incontri cruciali dell’Eurogruppo prima che capitolasse il governo Syriza (mancando di rispetto al risultato del referendum del 5 luglio). Il risultato di quella capitolazione fu la mia immediata dimissione e un programma di austerità permanente (fino al… 2060)”.
Speriamo che dopo la diffusione delle registrazioni a qualcuno non venga in mente… di fare passare a Yanis Varoufakis i guai toccati a Julian Assange per la nota vicenda delle sue rivelazioni “scottanti” (a proposito, la mobilitazione per la sua liberazione dovrebbe essere più coinvolgente e la voce di protesta levarsi più stentorea, in difesa della libertà di stampa e contro le violazioni dei diritti subite dal giornalista australiano).
Siamo certi che Varoufakis non rischia tutto ciò, ma siamo altrettanto convinti che di “nemici” tra i vertici Ue (e non solo) se ne sia fatti parecchi.
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