Toccare la mia riforma sarebbe un errore clamoroso: la pensa così l’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, intervistata dal Sole 24 Ore, proposito di una possibile revisione della sua riforma approvata sotto il Governo Monti. Ipotesi sulla quale stanno convergendo diversi partiti, tra i quali figurano anche i due che hanno conseguito i maggiori voti (M5S e Lega) in occasione del voto politico del 4 marzo scorso.
“Senza le ultime riforme, non solo quella del 2011, la spesa pensionistica arriverebbe al 20% del Pil nel 2020, cioè domani”, ha detto la Fornero, commentando gli economisti del Fondo Monetario Internazionale Michael Andrle, Shafik Hebous, Alvar Kangur e Mehdi Raissi, che il 19 marzo hanno reso pubblica la loro ricetta nel ‘Working Paper’ dal titolo ‘Italy: toward a growth-friendly fiscal reform’.
Secondo l’ex ministro del Lavoro, dall’Fmi sulla sostenibilità del nostro sistema previdenziale nel lungo periodo “ci lanciano un avvertimento: attenti a non arretrare dall’assetto attuale, perché c’è una transizione demografica, oltre al debito pubblico, che non vi lasciano spazio”.
L’Fmi sembra sollevare un problema di sostenibilità anche a politiche invariate. “Nel 2014 – replica Fornero – mi hanno chiesto al Fondo proprio questo. Io ho risposto che la spesa è sostenibile se non si abbandona il contributivo, se si mantiene l’adeguamento automatico dei requisiti di pensionamento alla speranza di vita e se si utilizzano a fondo tutte le flessibilità soft possibili, aggiungo oggi, come quelle appena introdotte, dall’Ape sociale e volontaria alle flessibilità per i lavori usuranti o gravosi”.
Le flessibilità in sperimentazione, come l’Ape, “vanno portate avanti e ben monitorate”, suggerisce. Inoltre, “rivendico la proposta di un contributo di solidarietà sulle pensioni retributive più elevate, oltre i 3.000-3.500 euro netti e solo per la parte di pensione che eccede i contributi versati, e non condivido la sentenza della Consulta che definisce interventi di questo tipo come prelievi fiscali. Io la vedrei come un’operazione di pacificazione nazionale”.
A spingere per il mantenimento dell’attuale assetto pensionistico è anche il commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici, che il 27 marzo, davanti all’Europarlamento, ha detto: “c’è una debolezza della produttività che l’Italia deve affrontare” e, “visto il livello di debito elevato, condurre politiche di bilancio responsabili”. Anche perché il Paese, ha voluto ricordare il commissario, “è la terza economia europea”.
“Restiamo estremamente calmi, prudenti e rispettosi del ritmo democratico italiano”, è il mantra di Moscovici, che ha rifiutato di speculare “sulle riforme di un futuro governo che non conosciamo ancora”, come quella sulle pensioni, e di “nutrire preoccupazioni polemiche” quando non sono nemmeno cominciate le discussioni per la formazione del nuovo governo.
Quel che non cambia, però, sono i paletti entro cui il nuovo esecutivo, qualunque esso sia, dovrà muoversi, a partire dalle prossime scadenze che vedono per metà aprile i dati Eurostat definitivi sui conti pubblici 2017, le previsioni economiche a inizio maggio, e poi le raccomandazioni più la nuova valutazione sul debito di Bruxelles sulla base delle cifre aggiornate.
Intanto, non c’è giorno che un politico dimentichi di puntare il dito sull’attuale riforma pensionistica. Secondo la senatrice Daniela Santanché (FdI), “se governo sarà, sarà un governo che deve fare ciò che abbiamo detto. La legge Fornero non ci sarà più. La legge Fornero non ci sarà più perché vogliamo un patto tra le generazioni”, ha assicurato, su Rai3 la senatrice di Fratelli d’Italia.
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