Mentre si continua a dibattere sull’innalzamento della soglia di accesso alla pensione di vecchiaia, ormai posta a 67 anni, in Parlamento il Movimento 5 Stelle comincia a parlare con insistenza della necessità di tagliare i vitalizi di circa 2.600 ex deputati, comprendenti le vedove di ex parlamentari.
A rinfrancare i “grillini”, è stata l’acquisizione di una delle vice-presidenze della Camera e il ruolo di questore anziano per il fedelissimo di Di Maio, Riccardo Fraccaro.
“Questi incarichi istituzionali – ha scritto Luigi Di Maio sul blog – per noi non rappresentano poltrone visto che tutti i nostri rinunceranno al doppio stipendio, all’auto blu, alle spese di rappresentanza, al vitalizio e a tutti i privilegi che derivano da queste cariche”
“In questi cinque anni – ha continuato – io come vicepresidente insieme a Riccardo Fraccaro, abbiamo lavorato tantissimo sui tagli agli sprechi ottenendo i primi risultati, come il taglio degli affitti d’oro, delle spese viaggio agli ex parlamentari e della polizza assicurativa dei parlamentari dalle punture di insetto e isolazioni. Pensate abbiamo raggiunto questi risultati quando eravamo solo io e Riccardo, ora in Ufficio di Presidenza alla Camera abbiamo 6 componenti più il Presidente Roberto Fico”.
Il piano di M5s è trasformare in pensioni calcolate con metodo contributivo sia i vitalizi degli ex parlamentari, sia la parte maturata fino al 2012 dai parlamentari attualmente in carica. Il che comporterebbe un taglio agli assegni con un risparmio per le casse di Camera e Senato.
Ora, essendo stati introdotti da una delibera degli uffici di presidenza di Camera e Senato, i vitalizi possono essere modificati da un analogo atto, senza bisogno di una legge. E a M5s, che ha fatto man bassa di cariche negli uffici di presidenza delle due Camere, manca solo un voto per avere la maggioranza e portare a termine il loro piano.
Ammonta a circa 2.600 il numero di ex che percepiscono i vitalizi, presi di mira da M5s, dopo la loro abrogazione nel 2012 per i depurati in carica. Il vitalizio, introdotto negli Anni Ottanta, consisteva in un assegno che il parlamentare incassava a vita una volta tornato alla vita civile. Nel 2012 la riforma ha trasformato il vitalizio in una pensione, dunque percepita al compimento del 65esimo anno di età, quindi calcolata con metodo contributivo (pro rata).
Così come avvenne con la riforma Dini delle normali pensioni nel 1995, il pregresso venne fatto salvo, sulla base di alcune sentenze della Corte Costituzionale per le quali i diritti acquisiti sono intangibili.
Secondo l’Agenzia Ansa, ad essere coinvolti nella “manovra” del M5S sarebbero “vecchi leoni della Dc, come Ciriaco De Mita o Gerardo Bianco, ad ex presidenti della Camera della Seconda Repubblica, come Gianfranco Fini, Fausto Bertinotti o Irene Pivetti, passando per Massimo D’Alema e alcune centinaia di ex deputati, senza dimenticare le vedove di ex parlamentari”.
Intanto, mentre si discute di tagli dei vitalizi, si infiamma la polemica per l’entità sempre più modesta delle pensioni degli italiani, collocati in tale stato sempre più tardi, a causa degli scoraggianti dati nazionali Inps: la stragrande maggioranza degli assegni pensionistici, risulta infatti inferiore ai mille euro mensili; mentre l’età media di accesso si sta sempre più innalzando.
Per il segretario confederale della Uil Domenico Proietti, il dato contenuto nelle note Inps riferite alle pensioni liquidate nel 2017 sull’età media di accesso alla pensione pari a 63,5 anni “dimostra come il sistema italiano viaggi velocemente sopra la media dei paesi dell’Unione Europea”.
“Nel 2019 si raggiungeranno i 67 anni (per la pensione di vecchiaia, ndr) e questo rende più che mai attuale l’esigenza di continuare ad introdurre una flessibilità intorno a 63 anni per i lavoratori. Questo è l’obiettivo – dice Proietti – che deve perseguire il nuovo Governo al fine di continuare a cambiare la legge Fornero e contribuire a favorire il turn over nel mercato del lavoro con riflessi positivi per le giovani generazioni”.
Dello stesso avviso, si dice Cesare Damiano, del Partito democratico: “Il quadro fornito dall’Inps sulle pensioni, che evidenzia il fatto che quasi il 71% degli assegni è inferiore ai 1.000 euro, rilancia il dibattito sul futuro della previdenza”.
“I recenti attacchi al sistema pensionistico – ha spiegato il democratico – da parte della Commissione europea e del Fondo Monetario Internazionale, che pretenderebbero una Fornero-2, ci spronano ad andare nella direzione opposta. È evidente che, dopo le numerose riforme (2004, 2007, 2010 e 2011), il sistema è in equilibrio e che sarebbe impensabile e ingiustificata una nuova ‘mungitura’ per coprire il debito”.
“Al contrario, va portata avanti una ulteriore opera di correzione della ‘riforma’ del Governo Monti, dopo gli interventi fatti nella precedente legislatura che hanno consentito di recuperare circa 20 miliardi di euro. Attendiamo il nuovo Governo, dopo le promesse elettorali, alla prova dei fatti. Fra tutte le correzioni da fare consideriamo prioritaria una misura, realizzata solo in parte con l’Ape sociale: la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica”.
“Noi ce l’abbiamo fatta soltanto per chi svolge i cosiddetti lavori gravosi: adesso si tratterebbe di estendere questa misura a tutti i lavoratori, risolvendo in questo modo il problema dei cosiddetti ‘precoci'”. La Scuola, soprattutto i docenti, farebbero carte false per rientrarci.
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