L’avvicinarsi della fine del 2022 pone per tanti lavoratori un problema non indifferente: il ritorno dal prossimo 1° settembre alla Legge Fornero senza deroghe. Questo significa che potranno uscire per andare in pensione solo a 67 anni, esattamente come previsto dalla norma introdotta nel 2011 dall’allora Governo Monti. L’alternativa, per chi se lo può permettere, è lasciare il lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in meno per le donne). Queste ultime potrebbero vedersi confermare Opzione Donna (con una forte decurtazione sull’assegno, per via del calcolo interamente contributivo). E poi ci saranno alcune professioni considerate particolarmente usuranti, tra cui anche le maestre della scuola dell’infanzia. La stragrande maggioranza dei dipendenti, quindi, rimarrà “intrappolata”. Con loro ci sono tantissimi insegnanti, Ata e dirigenti scolastici, tutti ultra-sessantenni che ora si sentono beffati.
Secondo il segretario della Cisl, Luigi Sbarra questo non è possibile. Intervistato da QN, il sindacalista sostiene che appena insediato il nuovo governo dovrà non solo realizzare interventi rapidi per fronteggiare il caro-energia, ma anche avviare un serio confronto con le parti sociali per introdurre una vera uscita flessibile dal lavoro.
“Deve essere ammessa la possibilità di uscire dal lavoro raggiunti i 41 anni di contributi e, in ogni caso, a partire da 62 anni di età”.
Il sindacalista ha anche chiaro come reperire i finanziamenti dell’operazione: “Le risorse vanno trovate nel tesoretto lasciato dalle dotazioni inutilizzate di quota 100 e dalle economie generate dalla legge Fornero”, ha detto Sbarra.
Secondo il numero uno della Cisl, “Quota 41 può essere una buona base, a cui però vanno affiancati tutti gli altri elementi di tutela, a partire dalla pensione di garanzia per i giovani e le donne. La Cisl si confronterà con chiunque voglia aprire un dialogo per evitare l’odioso scalone a 67 anni a gennaio”.
In generale, per Sbarra lo Stato ha tutto il diritto “tassare gli extra-profitti delle aziende”: sono quelle realtà aziendali “che hanno fatto profitti elevati in questi anni prima sulla pandemia e oggi sui costi dell’energia è una misura equa, redistributiva e doverosa” e “vanno aumentati i controlli per rendere realmente esigibili queste risorse. Basta furbizie”.
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