È evidente che occorra porre dei correttivi alla legge Fornero, perché non si può tenere sul posto di lavoro un dipendente con oltre 60 anni che chiede di andare in pensione: a sostenerlo è stato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, autore di un resoconto dell’ultima riforma pensionistica in Italia: il focus Censis-Confcooperative “Millennials, lavoro povero e pensioni: quale futuro?“, presentato il 12 marzo, da cui è emerso che sulle pensioni di oggi e su quelle di domani è in atto una discriminazione tra generazioni.
Dallo studio risulta che le grandi riforme su lavoro e pensioni “vanno analizzate dopo alcuni anni. E dopo sei anni di legge Fornero – ha detto Gardini – si può dire che ci ha consegnato un paese con un prezzo pagato sia dalle generazioni di età avanzata (che hanno visto spostarsi in avanti l’obiettivo della pensione) sia soprattutto dai giovani (entrati più tardi nel mondo del lavoro proprio a causa del tappo formato anche dalla riforma)”.
Introdurre almeno correttivi alla legge Fornero
“Non dico spazzarla via, ma occorre porre dei correttivi alla legge Fornero”, ha continuato, perché questa riforma “potrebbe portare negli anni a venire situazioni di grandissimo disagio“.
In conclusione, “bisogna mettere in discussione la soglia di uscita dal mercato del lavoro, perché tenere per forza un lavoratore che vuole andare in pensione non ha senso: la sostituzione con un giovane scolarizzato e con una cultura informatica più sviluppata costituisce invece un arricchimento e un’opportunità per l’impresa”, ha concluso il presidente di Confcooperative.
All’unisono: ridurre la soglia pensionistica
Ricordiamo che, nelle ultime ore, l’innalzamento della soglia per lasciare il lavoro è stato messo all’indice sia dal M5S (con il candidato premier Luigi Di Maio che ha promesso di mandare in pensione a 65 anni oppure di tornare a “quota 41” perché “dopo 41 anni di lavoro devi andare in pensione”, grazie al recupero di “50 miliardi di euro di sprechi del bilancio dello Stato”), sia dalla Lega Nord (con il candidato premier Matteo Salvini che ha detto di voler mandare tutti in pensione “con 41 anni di contributi versati”).
Ora, a chiedere di tornare a dei parametri più morbidi – 41 anni di contributi versati- è anche un’ala interna al Partito Democratico, capitanata Cesare Damiano, presidente uscente della Commissione Lavoro alla Camera.
Il prezzo alto della Scuola
“Ha ragione Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, quando afferma che occorre correggere la legge Fornero mettendo in discussione ‘la soglia di uscita dal mercato del lavoro’”, ha detto Damiano.
E la Scuola è uno dei comparti dove il numero di dipendenti rimasti “incastrati” figura altissimo, soprattutto perché oltre l’80 per cento è composto da donne, ovvero da chi nell’ultimo periodo si è visto innalzare di circa 10 anni (da 57 a 67 anni) la soglia per lasciare il lavoro e accedere alla pensione.