Personale

Pensioni, prescrizione contributi: i chiarimenti dell’Inps

L’Inps, con la circolare 15 novembre 2017, n.169,  ha fornito informazioni in merito alla corretta regolamentazione da applicare in materia di prescrizione dei contributi pensionistici dovuti alle casse della Gestione Dipendenti Pubblici.

Ricordiamo che le contribuzioni cadono in prescrizione a partire dal quinto anno successivo alla data in cui l’obbligazione deve essere attuata.

Il termine, spiega l’Inps, decorre dalla data in cui il diritto può essere fatto valere (così come stabilito art. 2935 codice civile), che per la contribuzione coincide con il giorno in cui l’istituto può esigerla.

Si tratta della data di scadenza del termine per fare il versamento (giorno 16 del mese successivo a quello a cui la contribuzione si riferisce).

Se, ad esempio, i contributi relativi al mese di luglio 2017 debbono essere versati entro il 16 agosto 2017, a partire dal 16 agosto 2022 il mese di luglio 2017 è definitivamente prescritto, sempre se non intervengano nel frattempo interruzioni a partire dalle quali iniziano a decorrere ulteriori 5 anni.

Dopo il 16 agosto 2022 nessuna operazione potrà consentire di versare i contributi relativi al mese di luglio 2017.

La circolare dell’INPS sulla prescrizione dei contributi

L’Inps, con una nota del 13 agosto, è intervenuto sull’argomento e fa luce su alcuni aspetti poco chiari.

La precisazione dell’Inps rassicura dalla prescrizione gli assegni previdenziali, che saranno comunque calcolati tenendo in considerazione anche gli eventuali contributi mancanti e addebita i relativi oneri alle amministrazioni e non più all’Inps.

Infatti, in merito alla prescrizione dei contributi dei dipendenti iscritti alle gestioni pubbliche, l’Ente chiarisce che la posizione assicurativa potrà essere sistemata anche dopo il 1° gennaio 2019.  Questa data ha rilievo per i rapporti fra INPS e datori di lavoro pubblici, perché mutano le conseguenze del mancato pagamento contributivo accertato dall’Istituto.

Il 31 dicembre 2018 non deve essere considerato come la data ultima entro cui l’iscritto/dipendente pubblico può chiedere la variazione della propria posizione assicurativa, ma come il termine che consente al datore di lavoro pubblico di continuare ad applicare la precedente prassi consolidata nella Gestione dell’ex INPDAP che individuava la data di accertamento del diritto alla contribuzione di previdenza e assistenza come giorno dal quale inizia a decorrere il termine di prescrizione.

Sotto questo aspetto, la circolare INPS 15 novembre 2017, n. 169 non ha fatto altro che dettare disposizioni di armonizzazione in materia di prescrizione fra tutte le gestioni dell’Istituto, facendo decorrere la prescrizione contributiva dalla data di scadenza del termine per effettuare il versamento; al tempo stesso, è previsto un periodo transitorio, fino al 31 dicembre 2018, durante il quale i datori di lavoro possono continuare ad avvalersi delle modalità in uso nell’INPDAP per la regolarizzazione contributiva.

A maggior chiarimento, va evidenziato che i flussi di denuncia che perverranno all’INPS dal 1° gennaio 2019 saranno gestiti secondo le nuove indicazioni; i datori di lavoro pubblici potranno quindi continuare ad aggiornare le posizioni assicurative dei dipendenti, ma per i flussi trasmessi dal 1° gennaio 2019 dovranno sostenere un onere calcolato secondo le indicazioni della circolare INPS 169/2017.

Pertanto, il termine del 31 dicembre 2018 non è un termine decadenziale per i lavoratori. I lavoratori pubblici possono, anche successivamente al 31 dicembre 2018, presentare richiesta di variazione della posizione assicurativa. Ciò che cambia sono gli effetti che scaturiscono a carico dei datori di lavoro pubblici, mentre il periodo di lavoro alimenta il conto assicurativo e viene reso disponibile alle prestazioni.

I dipendenti che vogliano verificare la propria posizione assicurativa possono accedere, tramite PIN, all’estratto conto e verificarne la correttezza. In caso riscontrassero lacune o incongruenze, possono chiedere la variazione RVPA, istanza per la quale non è previsto alcun termine perentorio.

L’unica eccezione è costituita dagli iscritti alla Cassa Pensioni Insegnanti (CPI), ossia gli insegnanti delle scuole primarie paritarie (pubbliche e private), gli insegnanti degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell’infanzia comunali (non rientrano in questa categoria, invece, i docenti MIUR).

Per questi lavoratori, nell’ipotesi di prescrizione dei contributi, il datore di lavoro può sostenere l’onere della rendita vitalizia; nel caso in cui non vi provveda, il lavoratore dovrà pagare tale onere per vedersi valorizzato il periodo sulla posizione assicurativa.

Bene, dunque, ricordare per evitare ALLARMISMO, che la prescrizione dei contributi non mette a rischio la pensione per i lavoratori del settore pubblico.

Anche in assenza di recupero della contribuzione dovuta per avvenuto decorso del termine di prescrizione quinquennale, l’attività lavorativa svolta sarà considerata utile ai fini della pensione.

Per quanto riguarda il personale della scuola statale, si dovrà far attenzione invece a distinguere i periodi di pre-ruolo da quelli di ruolo poiché i due periodi hanno trattamenti di Cassa diversificata. 

Per il pre ruolo, riporta la Flc Cgil, la condizione prevista dalla Circolare Inps n.169/2017, sarà applicata solo per i periodi svolti dopo il 1988 (per i periodi di supplenza svolti prima del 1988 il versamento è stato effettuato a carico di altra cassa previdenziale, la verifica di questi contributi va trattata diversamente ed è quella su cui permangono invece altre difficoltà che abbiamo denunciato e seguiamo già da un po’ di anni).

Attenzione, per gli insegnanti di asilo e scuole elementari parificate resta valido il regime previsto per i lavoratori dipendenti del settore privato: i contributi prescritti non sono validi ai fini della pensione.

Somme aggiuntive o tardivo pagamento

In caso di somme aggiuntive dovute nelle situazioni di versamento omesso, ritardato oppure non sufficiente, per il datore di lavoro, la situazione è differente, in quanto il periodo di prescrizione è decennale, così come stabilito da una sentenza della Corte di Cassazione, n. 18148 del 2006.

I giudici hanno sancito che le somme aggiuntive sono identificabili come sanzione. Nel caso, dunque, si riceva una cartella esattoriale che intima il pagamento dei contributi non versati e delle somme aggiuntive per il mancato versamento, è necessario ricordarsi che i primi si prescrivono in cinque anni mentre le seconde in dieci anni.

Nel caso in cui siano caduti in prescrizione soltanto i contributi, allora è possibile chiedere ad Equitalia, l’annullamento parziale della cartella esattoriale.

Andrea Carlino

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