Il sistema previdenziale italiano è molto articolato ed uno degli aspetti sui quali si è concentrata maggiormente l’attenzione negli ultimi anni è il metodo di calcolo della pensione.
Il nostro sistema previdenziale prevede due criteriper procedere al calcolo della pensione, uno collegato alla retribuzione ed uno, più recente, che invece tiene conto dei contributi versati dal lavoratore. Vediamoli in sintesi
Il criterio retributivo, antecedente al contributivo e messo a punto con la legge 153 del 1969 calcola la pensione tenendo conto degli stipendi che il dipendente ha percepito a fine carriera. Questo consente al lavoratore, nel momento in cui matura il diritto alla pensione, di percepire un importo di poco inferiore a quello che gli veniva riconosciuto a titolo di stipendio.
Questo metodo, molto più vantaggiosoper il pensionato, non è più il criterio guida, come in passato, per il calcolo della pensione. I lavoratori che si sono iscritti all’Inps dopo il 31 dicembre 1995 non hanno più diritto a vedersi riconosciuta una pensione agganciata all’importo dello stipendio. Per loro infatti il criterio da utilizzare è quello contributivo, fermo restando che la legge 335/95,nota come “riforma Dini” dal nome dell’allora ministro del welfare, consentiva ai lavoratori che avessero maturato non meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 di avvalersi , all’atto del pensionamento, dei benefici del sistema retributivo fino al 31/12/2011, mentre i lavoratori con un numero inferiore di anni di contribuzione al 32/12/95 potevano avvalersi del cosiddetto sistema misto, in base al quale gli anni di servizio prestati fino al 31/12/ del 1995 erano calcolati con il sistema retributivo e i restanti con il sistema contributivo. Ai i lavoratori che invece hanno iniziato il lavoro a far data dal 1gennaio 1996 si applica il sistema contributivo secco.
Il criterio contributivo è quello che, come anticipato, nel calcolare la pensione non tiene conto della retribuzione, ma dei contributi che sono stati versati nel corso degli anni lavorativi.
Ne consegue, che a parità di anni di lavoro, chi percepisce la pensione calcolata con questo metodo ha un trattamento pensionistico inferiore rispetto a chi ha avuto la pensione calcolata in base alle retribuzioni percepite a fine carriera Una condizione sfavorevole, che negli anni è stata peggiorata anche dalle crisi economiche che si sono succedute e dalla precarietà che caratterizza ancora oggi il mondo del lavoro e resa ancor più dura per coloro che, a causa di veri e propri vuoti contributivi, subiscono ancora di più la riduzione del proprio assegno.
La data del 31 dicembre 2011 di cui si è detto poc’anzi non è una data casuale. Dopo la riforma Dini, che ha previsto il sistema misto, è infatti sopravvenuta la Riforma Fornero, che ha aperto definitivamente la strada al metodo contributivo per il calcolo della pensione.
Il sistema pensionistico infatti, con la Riforma operata durante il Governo Monti, ha sancito che il metodo contributivo va applicato anche a coloro che hanno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e che dal 1 gennaio 2012 il metodo contributivo deve essere l’unico da utilizzare per il calcolo della pensione.
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