Politica scolastica

Pensioni quota 100, 70 miliardi per realizzazione. Più di 100mila i docenti beneficiari

Venerdì pomeriggio, al Quirinale, giuramento del governo Conte, espressione del Movimento Cinque Stelle e della Lega.

Giuseppe Conte, in osservanza del Contratto di Governo, dovrebbe dar vita a una serie di misure soprattutto in tema di pensioni.

“Occorre provvedere all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cosiddetta Fornero, stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse”. L’investimento, tuttavia, appare insufficiente.

In realtà, le cose non stanno così: secondo l’ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, ci sarebbe un investimento di 15 miliardi di euro iniziali l’anno. Complessivamente addirittura 70 miliardi.

Con quota 100 più di 100mila docenti in pensione

Se per la pensione di anzianità, si tratta di una riduzione di meno di tre anni rispetto ai parametri attuali, quello della quota 100 sembra un salto all’indietro davvero sostanzioso: sarebbero tantissimi, infatti, nella scuola a lasciare il lavoro con diversi anni di anticipo rispetto a quelli previsti dalla riforma Fornero e aggravati dalle aspettative di vita crescenti.

Se dovesse essere questa la strada per superare le rigidità della legge Fornero, nella scuola gli insegnanti che potrebbero arrivare alla pensione nel 2019 sarebbero 100 mila, il 400% in più rispetto alla legge promulgata dal governo Monti nel 2011.

Secondo una stima fatta da Italia Oggi, dal 1° settembre 2019, a normativa previdenziale vigente, i docenti e il personale Ata che al 31 dicembre 2019 potranno fare valere i requisiti anagrafici e/o contributivi richiesti per accedere sia alla pensione di vecchiaia che a quella anticipata potrebbero essere rispettivamente tra 20 e 25mila e tra 7 e 8mila.

Qualora invece la normativa vigente, dovesse essere abrogata in tutto o in parte, così come hanno in mente M5S e Lega, i docenti che potrebbero avvalersene sarebbero più di 100 mila (invece di 25mila). Gli Ata, invece, oltre 47mila, rispetto ai 7-8mila ad oggi previsti, suddivisi per età e per anzianità.
Il dato non tiene conto di quanti potrebbero chiedere di cessare anticipatamente dal servizio ricorrendo all’Ape sociale, all’Ape volontaria o all’opzione donna o alle norme sui precoci e sui lavori usuranti.

Uscite importanti, con le quali si potrebbe creare lo spazio per sostanziose immissioni in ruolo nell’immediato futuro.

 

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Andrea Carlino

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