Le sensazioni erano giuste: per arginare le critiche che arrivano da Bruxelles sulla manovra economica, almeno sul fronte pensioni il Governo italiano sta correndo ai ripari. Perché solo ora ci si è resi conto che quota 100 e il blocco dell’adeguamento dei contributi all’aspettativa di vita (lasciandoli fermi a 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne) porterebbero via dal lavoro troppi dipendenti. E troppe risorse allo Stato.
A complicare tutto, nella serata del 26 ottobre, ci si è messo anche l’atteso giudizio di Standard & Poor’s sulle misure del governo a proposito della manovra: dopo aver detto che “peseranno sulla performance economica e finanziaria” e che in tal modi si sta mettendo a rischio “la graduale ripresa”, l’agenzia americana ha spiegato che la paventata controriforma delle pensioni costituisce “una minaccia ai conti pubblici“.
In particolare, “data l’ampiezza del cambiamento demografico in corso in Italia”, le misure del governo per capovolgere parzialmente la Fornero se “attuate in pieno invertiranno i guadagni” realizzati con la riforma e ”minacceranno la sostenibilità di lungo termine dei conti pubblici”.
Il giudizio negativo di Standard & Poor’s era nell’aria. Già nel corso della giornata, mentre il vicepremier Matteo Salvini continuava a parlare di “letterine che possono arrivare dall’Ue anche fino a Natale, ma tanto non cambia nulla perché si lavora per gli italiani”, fonti di maggioranza avevano fatto sapere all’agenzia Ansa che nella legge di Bilancio rimarrebbe il Fondo specifico, (6,7 miliardi nel 2019, 7 miliardi dal 2020), ma il dettaglio della misura arriverebbe con altro veicolo: un apposito disegno di legge, come del resto già previsto per il reddito di cittadinanza.
Nella legge di Bilancio ci saranno, invece, gli stanziamenti necessari con la creazione di due Fondi specifici e ‘comunicanti’: uno per le pensioni e uno per il reddito.
Ma a parte la novità, che potrebbe non mutare molto la sostanza, la cattiva notizia sull’iter legislativo che potrebbe allungare i tempi, è che solo per il pubblico impiego servirà anche una norma ad hoc per l’uscita dal lavoro con la pensione anticipata.
L’annuncio di un intervento differenziato per gli statali è arrivato oggi dalla ministra della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno che ha parlato di necessità di “garantire la continuità dell’azione amministrativa” e spiegato che si sta valutando l’introduzione di un preavviso per chi raggiunge i requisiti e decide di andare in pensione anticipata.
Dei quasi 400 mila lavoratori che lasceranno, sono circa 160 mila i dipendenti pubblici poter fruire da subito dell’anticipo pensionistico e tra questi la metà sono della scuola. Il problema è che sommando tali numeri agli attuali posti vacanti (nella scuola almeno altrettanti, due su tre di sostegno), si creerebbero dei vuoti di organici enormi (anche nella sanità, dove secondo la Cgil entro il 2021 si libereranno 220mila posti). Vuoti che non si potrebbero colmare, almeno nel breve periodo, con neo-assunti.
Il motivo? Semplicemente perché i concorsi negli ultimi anni sono stati bloccati o rallentati, chi li ha vinti è entrato di ruolo e farne dei nuovi comporterebbe dei tempi non proprio brevi.
E non ci si è accorti del mancato turn-over solo perché, ha fatto sapere la Fp-Cgil sui dati della Ragioneria dello Stato, negli ultimi anni nella pubblica amministrazione si sono persi 270.000 lavoratori.
Ecco, allora, che per arginare quella che ha tutta l’impressione di un “grande fuga” verso la pensione (ma anche all’intera manovra, a partire proprio da quota 100), negli ultimi giorni l’esecutivo M5S-Lega ha escogitato una nuova linea.
Ad annunciarla è stata sempre la ministra per la PA: Giulia Bongiorno, ad Agorà su Rai3, ha detto per l’accesso alla pensione dei lavoratori pubblici “si farà una norma ad hoc perché si deve garantire la continuità dell’azione amministrativa. Quindi nel momento in cui sarà scritta specificamente la norma della quota 100 si valuterà che tipo di convenienza avrà il dipendente a usufruirne”.
La possibilità che i tempi di approvazione del provvedimento possano dilatarsi, sono quindi concrete. “Non permetterò che si svuotino gli uffici perché sto facendo una norma che si chiama concorsi sprint”, ha sottolineato la ministra per la PA.
“Un concorso deve durare tre o quattro mesi, non può durare un anno e mezzo. Dopodiché anziché fare ogni Comune un concorso visto che chi entra nella Pubblica amministrazione entra per tutta la vita, sarebbe meglio fare dei concorsi unici con criteri omogenei”, ha concluso Bongiorno.
Anche le modifiche di svolgimento dei concorsi, tuttavia, necessiteranno di tempi tecnici minimi. Allungando in questo modo l’attesa, che soprattutto per i dipendenti della scuola (dove si ha un “finestra” di uscita l’anno) potrebbe a questo punto diventare lunghissima.
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