Pensionamento e previdenza

Pensioni quota 100, Fornero: soldi buttati per salvare i lavoratori del nord

“La smettessero con questi toni trionfalistici, con atteggiamenti poco maturi e da gradassi”: a dirlo è Elsa Fornero, ministro del Lavoro del Governo Monti, commentando le modifiche alla legge che porta il suo nome, in particolare all’introduzione di quota 100 utile all’anticipo pensionistico.

La Fornero, oggi pensionata, interpellata dall’Adnkronos, sostiene che la controriforma annunciata “non è stata come promesso”, perchè ‘quota 100’ è un sistema “non selettivo, che non si rivolge a chi ha avuto una vita lavorativa dura e che anzi rischia di creare divisioni, fatta per i lavoratori del Nord”.

Inoltre, “non si sarebbero dovuti spendere molti soldi quando ce ne sono pochi, solo per sventolare la bandiera di una norma sul pensionamento anticipato che è a termine”.

Manovra pessima

Dopo avere spiegato di vivere un impegno non “politico ma di dialogo civile con tutti quelli che vogliono sentirsi raccontare un po’ più di complessità e un po’ meno bugie”, la Fornero si è soffermata sulla manovra di bilancio appena approvata al Senato, giudicandola “pessima”.

E ciò, ha continuato, “nonostante sia stata migliorata dalla tanto vituperata Europa, che ha permesso nel breve termine di parare i danni dall’improvviso rialzo dello spread che avrebbe rappresentato un pericolo per i risparmi degli italiani. Bruxelles non si è messa di traverso per il gusto di farlo, ma per salvare il salvabile. Ma tutto è rinviato perché la clausola di salvaguardia dell’Iva peserà molto: nessuno può pensare che sarà facile trovare 20 miliardi per la prossima legge di bilancio”.

“C’è da preoccuparsi”

Secondo Fornero, il governo con questa manovra “sembra abbia voluto scavalcare le elezioni europee, arrivandoci dicendo di aver mantenuto le promesse elettorali, ma sapendo di mentire”.

Per l’ex ministro del Lavoro, infine, “le contraddizioni sono forse la cifra più evidente di questo governo, c’è un abisso tra quanto detto in campagna elettorale e quello che hanno provato a realizzare in questi mesi di governo, sempre dicendo meraviglie di quelle poche cose, e anche discutibili, che hanno fatto. C’è da preoccuparsi”.

Le limitazioni sopraggiunte

Ma cosa dobbiamo aspettarci da quota 100? Come già scritto, nelle ultime settimane i finanziamenti disposizione dell’anticipo pensionistico sono quelli ad avere pagato il prezzo più alto per assecondare le richieste di Bruxelles: per il 2019 si è passati dai 6,7 miliardi iniziali a meno di 4 miliardi. Col risultato che la tanto annunciata contro-riforma Fornero sarà triennale e non strutturale.

Poi c’è il problema dello slittamento dell’entrata a regime di quota 100: il primo partito di governo, il M5S con in testa il premier Giuseppe Conte, assicura che il provvedimento entrerà in vigore in primavera inoltrata: il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha parlato di 1° aprile.

Chi potrà andare via prima

Potrà andare in pensione, tra il 2019 e il 2021, chi ha almeno 62 anni e 38 di contributi (c’è ancora da capire entro quale date, probabilmente il 31 dicembre prossimo) con una finestra trimestrale se il lavoratore è privato (la prima scatta ad aprile) e semestrale se pubblico.

Solo che in quest’ultimo caso l’uscita si concretizzerà ad ottobre: una data che per la scuola è improponibile, e se non vi saranno deroghe (poco probabili al momento), i docenti, gli Ata e i dirigenti scolastici interessati a quota 100 saranno costretti lasciare il servizio solo nel mese di settembre 2020.

Poi, rimane confermato il divieto di cumulo con l’attività lavorativa fino ai 67 anni.

L’assegno ridotto anche del 30%

Oltre all’avvio slittato molto in avanti e alla liquidazione, c’è poi la spada di Damocle riguardante la riduzione dell’assegno: al Governo continuano a dire che non si tratta di penalizzazioni, ma di fatto la pensione si potrebbe diventare decisamente light, con riduzioni sul lordo fino al 30% rispetto all’uscita a 67 anni o a 42 e tre mesi di contributi per le donne ed un anno ulteriore per gli uomini.

Per ha creduto in un ritorno alle regole pre-Fornero, si tratta di un “particolare” non da poco: per intenderci, un docente che a 67 anni avrebbe percepito un assegno di quiescenza di circa 1.800 euro nette, si ritroverebbe a 1.300 euro.

Alessandro Giuliani

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