Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, interviene in merito alla tempistica della cosiddetta quota 100 che rischia di penalizzare i docenti, come riportato in altre occasioni da questa testata.
“Le ferite inferte dalla legge Fornero a migliaia di insegnanti sono ancora da rimarginare e non vorremmo che la prossima riforma delle pensioni le acuisse ulteriormente”, afferma Rino Di Meglio,
“La legge di Bilancio rimanda quota 100 a un decreto legge da varare nel 2019. Nel frattempo, pochi giorni fa, – spiega Di Meglio – il Miur ha emanato una circolare che fissa al 12 dicembre il termine ultimo per presentare la domanda di cessazione dal servizio, gelando così le speranze di quanti attendevano quota 100, o almeno l’opzione donna, per poter andare in pensione. Ancora una volta, come accaduto con la legge Fornero, i lavoratori della scuola risultano penalizzati e rischiano di rimanere a bocca asciutta perché i tempi di pensionamento sono basati sull’anno scolastico anziché su quello solare”.
“Per scongiurare il rischio che si ripeta il copione andato in scena con la Fornero, che ha costretto moltissimi insegnanti che avevano già presentato domanda di pensionamento a restare in servizio ancora per 5 anni, – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – chiediamo con forza al governo che, in caso di approvazione della riforma, ai docenti venga assicurata la riapertura dei termini di scadenza”.
Ricordiamo che nella scuola i potenziali lavoratori, in prevalenza insegnanti, coinvolti nell’anticipo pensionistico – quota 100 ma anche l’eventuale riduzione della pensione di vecchiaia passata a 42 anni e 3 mesi per le donne e un anno in più per gli uomini – sono almeno 80 mila.
E’ arrivata la bocciatura europea per la riforma pensionistica del Governo M5S-Lega: infatti, la manovra del Governo gialloverde, anche dopo essere stata rivista e corretta lo scorso 13 novembre, ha ricevuto una vera e propria stroncata della Commissione Ue. Perché, numeri alla mano, il deficit strutturale 2019 peggiorerebbe dell’1%, invece di migliorare dello 0,6%, e le norme da attuare avrebbero un impatto negativo sul Pil invece di rafforzarne il potenziale.
Ma il no alla riduzione dell’età pensionistica in Italia, in particolare alla quota 100, è stata anche l’Ocse, attraverso l’Economic Outlook 2018: l’anticipo anche a 62 anni dell’età pensionabile, si legge nella scheda dedicata all’Italia, non solo “aggraverà le diseguaglianze tra generazioni aumentando il già alto livello di spesa previdenziale”, ma è anche probabile che riduca “la crescita di lungo termine riducendo la popolazione in età lavorativa”.
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