Andare in pensione con Quota 100 non si è rivelato un affare. Almeno per un dipendente su tre, il quale pur avendone pieno diritto ha rinunciato al beneficio dell’anticipo pensionistico. Ora, dall’Inps arrivano anche i profili di chi ha detto sì e quanto percepiranno dal prossimo 1° settembre: alla fine del mese di giugno, complessivamente, sono pervenute 154.095 domande.
“Sulla base del trend dei primi sei mesi di applicazione, alla fine dell’anno il numero atteso delle pensioni in pagamento sarà pari a circa 205.000, per una spesa complessiva annua pari a 3,6 miliardi”.
A dirlo è stato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in occasione della presentazione della relazione annuale dell’Istituto, ricordando che il governo stimava 290mila beneficiari nel 2019.
Il presidente dell’ente previdenziale ha detto che “siamo al di sotto della previsione annua stanziata in sede di approvazione della Legge n. 26/2019: si tratta di un numero di beneficiari inferiore del 29% a quello che era stimato in quella sede (290mila per il 2019)”.
Trovano conferma, quindi, le stime sindacali delle scorse settimane, che quantificavano in circa 7 miliardi di euro, entro il 2021 il risparmio dello Stato su Quota 100 rispetto ai finanziamenti garantiti, rispetto i 21 miliardi stanziati con la legge di Bilancio 2019.
Le economie ammontano, in particolare, a circa 1,6 miliardi nel 2019, 2,9 miliardi nel 2020 e 2,6 miliardi nel 2021. Per un totale, appunto, di oltre 7 miliardi in tre anni.
Detto che quelle cifre andranno, con ogni probabilità, a compensare parte del debito pubblico dell’Italia, per evitare la procedura d’infrazione europea, dall’Inps è stato trasmesso anche l’importo della pensione mensile per le domande accolte.
Si tratta di una cifra di circa 1.900 euro lorde, con scostamenti che dipendono dal genere e dall’area geografica: le donne percepiscono una pensione inferiore a quella media del 22,1% nel settore privato e del 5,9% nel settore pubblico, poichè avendo un monte contributivo minore hanno subito maggiori decurtazioni sull’assegno.
Comunque, l’importo medio mensile regionale lordo più alto risulta pari a 2.371 euro in Lombardia, quello più basso, pari a 1.649 euro, in Basilicata.
Nella scuola le rinunce sono state superiori agli altri comparti: le domande si sono fermate 27 mila, rispetto alle oltre 60-70 mila di cui si parlava quando è stato varato il provvedimento a seguito dell’ultima legge di Bilancio.
Nella scuola l’assegno a quanto ammonta? L’Inps non ha fornito ancora tabelle legate alle varie professioni e a vari comparti.
Tuttavia, si può presumere che si collochi nella media nazionale, soprattutto quando si parla di docenti: stiamo attorno, quindi, ai 1.600-1.700 euro netti.
Per il personale Ata, invece, l’assegno è al di sotto: sulle 1.300 euro medie.
Mentre i dirigenti scolastici si collocano alcune decine di punti percentuali sopra gli insegnanti: sempre in media non superiore ai 2.500 euro, anche se in questo caso molto dipende dall’età in cui il docente è diventato preside.
Molti di quelli che non sono andati via con almeno 38 anni di contributi e 62 di età, lo hanno fatto per via della decurtazione eccessiva, anche superiore ai 300 euro netti mensili.
L’Inps ha invece fornito dati analitici riguardanti il profilo di chi ha scelto di usufruire di Quota 100.
Prima di tutto, l’86% delle domande del pubblico impiego proviene dal comparto degli enti locali e da quello del corpo docente della scuola. Il 2,2% dal comparto del personale sanitario.
La distribuzione per età evidenzia una concentrazione tra i 63 e i 64 anni, senza differenze significative tra uomini e donne.
Le donne, infatti, spesso iniziano l’attività lavorativa in ritardo e non di rado devono pure rinunciarvi per dedicarsi ai figli e alla famiglia. E a fine carriera, si ritrovano a pagare il conto di una situazione previdenziale poco florida.
Guardando alle differenze territoriali, di gestione e di genere si nota che la gran parte delle domande sono state presentate nelle regioni del Nord (40,2%) e del Mezzogiorno (38%), prevalentemente da uomini (73,9%) e da assicurati delle gestioni private (67,3%).
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