La nuova bozza della legge di Bilancio esclude le due misure più impattanti, il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni. Per attuare le due misure saranno varati provvedimenti ad hoc.
Al fine di dare attuazione ad interventi in materia pensionistica finalizzati all’introduzione di ulteriori modalità di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani, si legge nella bozza, è istituito presso il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un “Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani”, “con una dotazione pari a 6.700 milioni di euro per l’anno 2019 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2020”.
Secondo diverse indiscrezioni giornalistiche, i primi candidati a Quota 100 del settore pubblico potrebbero dover aspettare nove mesi per incassare la prima pensione.
L’applicazione così ritardata, per il pubblico impiego, risponderebbe ad una richiesta della ministra Giulia Bongiorno, preoccupata per la gestione del turn over che si innescherebbe con le numerose uscite previste per l’anno prossimo.
Dopo il primo ciclo di pensionamenti della Pa a nove mesi dalla maturazione dei requisiti minimi (62 anni e 38 di contributi) si tornerebbe poi alle due finestre mobili semestrali, mentre i lavoratori privati conteranno su quattro finestre di uscita.
Così come già segnalato da La Tecnica della Scuola, il governo Gentiloni, infatti, aveva previsto lo spostamento in avanti di cinque mesi, dagli attuali 66,7 a 67 tondi, per via dell’innalzamento dell’aspettativa di vita.
Dal 1° gennaio, infatti, la pensione di vecchiaia scatterà a 67 anni. E rimarrà ferma al massimo per tre anni. Poi, nel 2022 o 2023 scatteranno gli adeguamenti legati alle variazioni della speranza di vita.
Il primo dubbio riguarda la possibilità di potere accedere subito al beneficio di quota 100: il personale della scuola, infatti, deve avere la possibilità di presentare domanda entro le primissime settimane del nuovo anno solare.
I tempi di attuazione potrebbero E sforare nel nuovo anno, per l’approvazione definitiva, per chi opera nella scuola significherebbe “bruciare“ un anno. Per vedere la loro uscita anticipata con quota 100, in questo caso, se ne riparlerebbe nel settembre 2020.
Ma se il Governo vuole scongiurare tale ipotesi, è bene che si provveda subito ad inserire una deroga nel pacchetto pensioni.
C’è poi almeno un altro passaggio da verificare specificatamente per la scuola: quello del beneficio dei quattro mesi che tutti i docenti collocati in pensione si ritrovano.
In pratica, chi va in pensione il 1° settembre, “incassa” anche i quattro mesi successivi, fino al 31 dicembre dello stesso anno, che vanno ad aggiungersi al monte complessivo di contributi. Un’aggiunta che in alcuni casi può risultare decisiva per raggiungere il montante richiesto dall’Inps. Ma non è detto che venga ora confermata.
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