In poco più di due settimane sono quasi 50 mila le domande inviate all’Inps per accedere alla pensione anticipata attraverso quota 100: delle 49.922 domande pervenute all’istituto di previdenza (8 mila tra commercianti e artigiani), di cui 44.273 tramite patronati, sono 17.077 quelle che arrivano dai lavoratori pubblici. Considerando che un terzo di loro appartengono alla scuola, mantenendo questa proporzione, potrebbero essere non più di 5 mila quelle sino ad oggi inviate da docenti, personale Ata e dirigenti scolastici.
Un numero esiguo, considerano che le domande attese dal comparto Istruzione sono almeno 50 mila: la quantità, comunque, è destinata a crescere sensibilmente nei prossimi 12 giorni. Anche perché va considerato che l’apertura al personale scolastico è avvenuta con ritardo, dopo la partenza sprint dei primissimi giorni degli altri settori.
Molti di loro stanno valutando il da farsi, soprattutto coloro che rientrano perfettamente nei requisiti: chi vanta “solo” 62 anni di età e 38 di contributi, infatti, potrebbe vedersi ridotto l’assegno, rispetto all’uscita a 67 anni prevista oggi dalla Legge Fornero, anche di 350 euro al mese.
Perchè è vero che quota 100 offre l’opportunità di lasciare prima. Ma il “prezzo” da pagare può essere alto. Questo avviene perchè versando meno contributi e vedendosi trasformare il montante contributivo con coefficienti più bassi, l’assegno che si andrà a determinare risulta ridotto da pochi punti percentuali fino alle soglie del 30%: in quest’ultimo caso, quindi, si tratta di una riduzione sostanziosa, simile a quella già prevista per chi aderisce ad Opzione Donna (che fa passare tutto il montante nel regime “contributivo” più sfavorevole).
La somma, anche alla luce del fatto che le pensioni del settore non sono di certo floride come quelle di altri comparti, è considerevole: per lasciare cinque anni, si supererebbero i 4 mila euro di “perdita” annua. E si tratterebbe di una riduzione permanente, praticamente “a vita”.
Decisamente più accessibile è invece la decurtazione di chi, pur compiendo i 62 anni nel 2019, può vantare, spesso grazie al riscatto della laurea, oltre 40 anni di contributi: in questi casi, infatti, siamo nell’ordine di qualche decine di euro al mese.
Così, dopo le stime sulla consistenza dell’assegno di quiescenza realizzate da patronati e sindacati, i lavoratori della scuola vogliono valutare per bene i pro e i contro dell’eventuale adesione.
In ogni caso, per i dipendenti della scuola, lo ricordiamo, c’è tempo fino al 28 febbraio: l’uscita dal lavoro, sempre per loro, si materializzerà il prossimo 1° settembre e, come sempre avvenuto per la scuola, comporterà anche l’acquisizione per il pensionando dei quattro mesi rimanenti sino alla fine dell’anno solare (quindi da settembre a dicembre compresi) pur non essendo stati espletati sotto forma di lavoro.
Inoltre, come anticipato da tempo dalla Tecnica della Scuola, prima ancora che venisse approvato il decreto n. 4 dal CdM, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 gennaio scorso, ed ora all’esame del Senato, il personale scolastico avrà facoltà di compiere il 62esimo anno, indispensabile per accedere a quota 100, sino all’ultimo giorno del 2019.
L’istituto di previdenza nazionale ha anche fatto sapere che la maggior parte delle richieste pervenute per via telematica riguardano gli uomini (oltre 38 mila).
In testa, risultano le province di Roma (3.875 istanze), seguita da Napoli (2.393) e Milano (1.895).
A poca distanza Palermo (1.499). Oltre il migliaio anche Bari (1.273), Catania (1.263) e Torino (1.251).
In coda, per numero di adesioni a quota 100, risulta la provincia di Fermo, con solo 75 domande presentate.
Dal Governo giungono segnali di soddisfazione per come stanno andando le cose.
“In pochi giorni – ha detto il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, intervenendo telefonicamente ai lavori congressuali della Ugl a Benevento – quota 100 ha già raggiunto circa 50mila domande. Stiamo lavorando per rinnovare questo Paese e dare nuove prospettive soprattutto ai giovani”.
Intanto, in commissione Lavoro del Senato, sta lavorando per arrivare alle votazioni sul “decretone” che, con quota 100, introduce anche il reddito di cittadinanza.
Alle proteste delle opposizioni per l’accelerazione in mancanza di diversi pareri della commissione Bilancio, che deve dare disco verde sulle coperture, la presidente della stessa commissione, Nunzia Catalfo ha spiegato che “non ci sono accelerazioni ma la volontà di consentire alla Camera di trattare il provvedimento”.
Catalfo ha ricordato che ci sono solo “65 emendamenti accantonati”, dalla disabilità alle famiglie numerose ai lavori usuranti, e che “si vedranno i pareri della Bilancio. Il resto probabilmente verrà trattato alla Camera”.
“E’ probabile che il testo, con le modifiche, arrivi “in Aula mercoledì” prossimo, il 20 febbraio, ha detto sempre la presidente della commissione, al termine della seduta, spiegando che “dipenderà dall’andamento dei lavori”. La commissione comunque è già convocata lunedì e martedì, anche in notturna e non lavorerà più nel weekend. Così, ha spiegato sempre Catalfo “evitiamo lo slalom” tra gli articoli “e iniziamo ad esaminare gli emendamenti nella loro interezza”.
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