Il Consiglio dei Ministri che si è riunito ieri, martedì 15 ottobre, alle ore 23.02 a Palazzo Chigi, si è concluso alle 4.35 di notte, dopo oltre cinque ore. Il Cdm ha approvato il decreto legge che introduce ‘Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili’, e il ‘Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020 – 2022’).
I due provvedimenti compongono la manovra finanziaria e trovano la loro traduzione sul piano contabile nel Documento programmatico di bilancio per il 2020, che viene quindi trasmesso alla Commissione europea.
Quota 100 è una riforma pensionistica che agevola l’accesso alla prestazione previdenziale, allargandone le maglie fino a includere i lavoratori la cui età, sommata agli anni di lavoro dia il risultato di 100 (ma con dei paletti minimi, 62 anni di età e almeno 38 di contributi).
I dati presentati dall’Inps e aggiornati allo scorso 6 settembre sono incoraggianti: le domande presentate sono appena 176mila a fronte delle 290mila previste, il 60% in meno, con un trend che rallenta ogni mese.
Dalla Legge di Bilancio presentata dal governo c’è una certezza: Quota 100 rimarrà invariata, ma non verrà rinnovata nel 2021.
Il tema sarà riproposto al tavolo governo-sindacati sulle pensioni, che sarà chiamato a individuare alcuni correttivi da far scattare già nel 2021 e creare i presupposti per la nuova riforma da far entrare in vigore nel 2022, quando si sarà esaurita la sperimentazione triennale di Quota 100.
Si conferma il sussidio economico che accompagna alla pensione categorie di lavoratori da tutelare (cosiddetta APE Social) e la possibilità per le lavoratrici pubbliche e private di andare in pensione anticipata anche per il 2020 (la cosiddetta ‘Opzione Donna’).
Con la manovra il governo dovrebbe prorogare opzione donna.
Si tratta di un canale di accesso anticipato alla pensione riservato alle lavoratrici. Istituito nel 2014 è stato poi modificato e più volte prorogato. Attualmente possono beneficiare di questo regime le donne che al 31 dicembre 2018 abbiano almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età se lavoratrici dipendenti o 59 se autonome. La proroga dovrebbe disporre che l’accesso a opzione donna sarà possibile per le lavoratrici che maturino i requisiti previsti entro il 31 dicembre di quest’anno, ferma restando la durata delle finestre.
Chi accede a opzione donna va in pensione prima ma riceve un assegno calcolato interamente col contributivo (circa il 30% in meno).
Proroga in vista anche per l’Ape sociale. Introdotto dalla legge di Bilancio 2017, consente di lasciare il lavoro a 63 anni d’età con 30 anni di contributi (36 per la categoria delle attività gravose) a quattro categorie: disoccupati; invalidi; con parenti disabili a carico; occupati in attività gravose.
I beneficiari ricevono dallo Stato un assegno mensile fino a 1.500 euro e fino al raggiungimento della pensione normale (di vecchiaia o anticipata). L’Ape è una misura sperimentale la cui scadenza è fissata al 31 dicembre di quest’anno. La proroga che dovrebbe arrivare con la manovra sarebbe di almeno un anno. I sindacati premono anche per un allentamento dei requisiti.
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