Non è ancora completato, ma comincia perlomeno a prendere forma: stiamo parlando del puzzle con oggetto l’anticipo pensionistico messo su dal Governo M5S-Lega.
L’emendamento alla manovra di bilancio non è entrato alla Camera, però a sentire fonti vicine all’esecutivo in carica se ne riparlerà di sicuro a Palazzo Madama.
A rendere ancora più caotico il provvedimento in essere, è stata l’ipotesi formulata da Albero Brambilla, esperto di previdenza e Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, vicino alla Lega, che il 3 dicembre tramite Il Corriere della Sera ha asserito che ad anticipare la pensione dovrebbero essere soltanto i lavoratori che hanno maturato, da almeno due anni, il requisito Quota 100 (62 anni di età e 38 di contribuzione) al 31 dicembre del 2018.
In diversi hanno subito fatto notare che però, in tal caso, si sarebbe chiesto agli italiani di andare via solo avendo accumulato quota 104.
“Al momento – scrive l’Ansa – sembra che questa soluzione, che ridurrebbe di molto la platea, non possa essere presa in considerazione perché in contrasto con le promesse elettorali, mentre restano confermate le finestre trimestrali per l’uscita per i lavoratori del settore privato e semestrali per quello pubblico” (anche se per i lavoratori della scuola rimane sempre l’unica finestra settembrina).
Anche eventuali, ma sempre più probabili, decurtazioni all’assegno di pensione, in certi casi non molto diverso da quelli che si applicano a chi aderisce ad Opzione Donna (anche del 30%), comunque non sarebbe gradito.
Intanto, però, il vicepremier Matteo Salvini sostiene che la quota cento resta: parlando a Bruxelles, alla domanda ‘se resta la quota 100’, ha replicato: “assolutamente si”.
“Smontare la legge Fornero è un mio preciso impegno lo faremo rispettando tutti i parametri”, ha aggiunto Salvini. “Però il diritto al lavoro, il diritto alla salute, alla pensione vengono prima di tutti i decimali, prima di tutti gli scogli”.
Poi, però, per la prima volta Salvini ha anche detto che “se uno va in pensione l’anno prossimo a 62 anni, andando 4 anni prima rispetto a quello che la gentile Fornero prevedeva, evidentemente non porta a casa i contribuiti dei quattro anni che non ha versato. Ma questo mi sembra ovvio e di buonsenso, non c’è alcun tipo di taglio”.
Si viene a comporre quindi la previsione della Tecnica della Scuola, che in splendida solitudine, anche tra le testate specialistiche, ha sempre sostenuto che quota 100 avrebbe comportato delle decurtazioni pari fino al 30% dell’assegno acquisito andando con i parametri, decisamente più alti, imposti dalla legge Fornero.
Intanto, la Lega non accetta accuse sui tempi di attuazione di quota 100 che si allungano. “Non è che si rinvia – ha detto il viceministro all’Economia Massimo Garavaglia – si è deciso che di questi argomenti si parlerà al Senato”.
Le sue dichiarazioni giungono nella stessa giornata in cui l’Ocse ha lanciato l’allarme sul peso che le pensioni di reversibilità hanno sulla spesa dei singoli Paesi ha proposto una stretta su questi assegni (in Italia il coniuge ha diritto al 60% della pensione della persona che muore ma può arrivare al 100% se ha almeno due figli minori salvo tagli in caso di redditi superiori a tre volte il minimo) proponendo di dare la pensione di reversibilità solo al momento dell’età del normale ritiro dal lavoro. Se si resta vedovi prima di questa età potrebbero essere dati “sussidi temporanei” per “adattarsi alla nuova situazione”.
Immediata è stata la replica dei sindacati, i quali hanno fatto muro sottolineando che il sistema italiano di protezione dei superstiti è “equo”.
Infine, sembra confermata, sempre con un emendamento alla legge di bilancio, anche l’intenzione di mettere in campo la misura in modo sperimentale con un orizzonte triennale e la strada del contributi di solidarietà per le pensioni d’oro oltre i 90.000 euro annui lordi.
Una eventualità, quest’ultima, che ha già scatenato alcune associazioni a tutela dei pensionati “ricchi”, come quelle dell’Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp): la misura “penalizza le pensioni maturate da servitori dello Stato che in gioventù hanno compiuto il loro dovere in un periodo in cui o per l’aggressione terroristica, o per quella mafiosa, uscivano di casa la mattina, senza la certezza di farvi ritorno. Molti di loro appartengono alla stessa generazione di Franco Straullu, ucciso dai Nar, di Alfredo Albanese, assassinato dalle Br, di Ninni Cassarà e Beppe Montana, ammazzati dalla mafia”.
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