Il Consiglio dei Ministri, lo scorso 17 gennaio, ha approvato il decreto quota 100 che ha ampliato la possibilità di pensionamento anche per il personale della scuola.
Quanti saranno coloro che andranno in pensione con il meccanismo di quota 100? Le indiscrezioni sono molteplici: da 70mila a 10mila, passando per 50mila che si aggiungerebbero ai 25mila che già hanno effettuato la domanda. Non si sa ancora, è bene precisare, il numero preciso di coloro che inoltrerà istanza di messa a riposo.
A scoraggiare molto, purtroppo, l’assegno più basso e l’assegnazione ritardata di buona parte del Tfr, visto che solo 30 mila euro verrebbero corrisposti subito.
Secondo quanto segnala lo Snals, ci sarà un assegno ridotto tra i 200 euro per i collaboratori scolastici e di 330 euro per i docenti. Ma anche di un importo che va dai 10 mila e i 15 mila euro in meno di Tfr.
Il calcolo riguarda docenti e Ata con 62 anni di età e 38 di contributi e viene messo a confronto con il pensionamento previsto con le regole della legge Fornero (quindi a 67 anni).
Agli articoli 14 e 15 il Decreto legge prevede che il personale scolastico e Afam a tempo indeterminato possa presentare, entro il 28 febbraio istanza di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio rispettivamente dell’anno scolastico o accademico (per Afam, ndr) (vale a dire, nel caso degli insegnanti, con uscita al 1° settembre 2019).
A disciplinare modi e termini della riapertura dei pensionamenti
nella scuola sarà una circolare congiunta del ministero dell’Istruzione e dell’Inps.
L’Inps ha già preallertato le strutture territoriali in vista della mole di pratiche che si troveranno con tutta probabilità a gestire sin dalle prossime settimane.
Il carico di lavoro supplementare graverà sulle segreterie scolastiche chiamate a verificare il possesso dei requisiti, gli eventuali servizi dichiarati, e a procedere alla ricostruzione di carriera.
A Il Sole 24 Ore, interviene il segretario della Uil Scuola, Pino Turi: “Abbiamo chiesto al Miur un confronto urgente. La sensazione è che si stia sottovalutando il problema. Il rischio, molto concreto, è quello di iniziare il nuovo anno con un esercito di precari in cattedra”.
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