I lavoratori della scuola potranno usufruire di quota 100 facendo valere anche l’anno 2019? È la domanda che si stanno ponendo diverse decine di migliaia di insegnanti, Ata e dirigenti scolastici, il cui destino pensionistico è legato proprio alla validità dell’anno in corso, per il raggiungimento dei 62 anni di età e dei 38 anni di contributi complessivi: la richiesta di chiarezza si è amplificata a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del testo del decreto contenente anche le norme che regolano il reddito di cittadinanza.
Un dubbio lecito
Il dubbio, del resto, è lecito. Nell’ultima versione del decreto a nostra disposizione, che potrebbe però all’ultimo momento avere subito delle modifiche, c’era scritto che “per il personale del comparto Scuola ad Afam si applicano le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”.
In quel testo di legge, di 21 anni fa, si spiega che “per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno”.
Potrà aderire anche chi compie i 62 anni a dicembre?
Se quel comma non è stato sottratto o modificato all’ultimo momento, significa che per raggiungere il doppio requisito – età anagrafica minima e contributi da considerare nel “montante” dei 38 anni – solo per i docenti, il personale Ata e i dirigenti scolastici varrà tutto il 2019.
In pratica, anche i lavoratori che compiranno il 62° anno nel dicembre prossimo, avrebbero la possibilità di accedere a quota 100 (sempre se in possesso di almeno 38 anni di contributi finiti riconoscibili).
In tal caso, per il raggiungimento delle 38 annualità di contribuzione, varranno anche i quattro mesi che vanno da settembre a dicembre 2019, anche se il lavoratore non sarà più in servizio. Confermando la tradizionale norma previdenziale che “regala” 120 giorni al personale della scuola collocato in pensione.
E gli altri dipendenti pubblici?
Per gli altri dipendenti dello Stato, l’uscita dal lavoro tramite quota 100 si realizzerà un mese prima: il 1° agosto 2019.
Tuttavia, per i lavoratori statali non appartenenti al comparto Scuola, però, i requisiti dovranno essere completati entro l’entrata in vigore del decreto.
Successivamente, gli statali conseguiranno “il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi sei mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi”.
Il personale scolastico, in pratica, se confermate tali date, in prima battuta godrebbe di qualche beneficio a livello di requisiti rispetto ai colleghi degli altri comparti pubblici. Salvo poi attendere un altro anno per vedersi concessa un’altra “finestra” d’uscita dal lavoro.
Si attende la Circolare applicativa dell’Inps
A questo punto, per i lavoratori della scuola si attendono però delle conferme, sia da parte del ministero dell’Istruzione sia dall’Inps.
L’istituto di previdenza, in particolare, dovrà scrivere, nero su bianco, i limiti temporali per l’età e per la validità della contribuzione, che dovrebbero essere quelli da noi illustrati.
Le indicazioni arriveranno a breve, considerando che il personale della scuola interessato potrà presentare la domanda entro il prossimo 28 febbraio, come già anticipato.
Le richieste del sindacato
Nel frattempo, anche i sindacati reclamano chiarezza: secondo la Cisl Scuola c’è estrema “necessità di tenere nella dovuta considerazione le particolari modalità con cui avvengono le cessazioni dal servizio del personale scolastico, che può andare in pensione unicamente il 1° settembre di ogni anno. Una scadenza ravvicinata rispetto ai numerosi adempimenti che incidono sia su lavoratrici e lavoratori direttamente interessati, sia sulle procedure di regolare avvio dell’anno scolastico”.
Per chi vuole andare in pensione – sostiene la Cisl Scuola – occorre garantire una puntuale e corretta valutazione dei requisiti posseduti, che incidono sia dal punto di vista del diritto di accesso alla pensione, sia alla determinazione del suo ammontare. Dal punto di vista organizzativo, sapere con certezza quante saranno le cessazioni dal servizio è indispensabile al fine di rendere disponibili per le operazioni di mobilità (trasferimenti e passaggi di ruolo, cattedra o profilo) i posti che si liberano per effetto dei pensionamenti.”
“Ora ci si attivi – – dice Maddalena Gissi, leader della Cisl Scuola – per accelerare al massimo tutti gli adempimenti connessi alla gestione delle domande. Fare presto e bene è l’obiettivo che l’Amministrazione deve darsi, stabilendo opportune intese con l’INPS, attivando momenti di coordinamento a livello territoriale per i quali se necessario anche le strutture sindacali e di patronato sono pronte a rendersi disponibili”.