Le necessità di ridurre la “platea” di beneficiari starebbe producendo un anticipo pensionistico un po’ diverso da come era stato annunciato dal Governo in carica: i tecnici e gli economisti dell’esecutivo stanno verificando le modalità per penalizzare economicamente chi decide di lasciare il lavoro anche cinque anni prima del previsto. Inoltre, lo slittamento di almeno due mesi del provvedimento rischia fortemente di far rimandare l’uscita anticipata di docenti e Ata al 2020, poiché i tempi di formazione degli organici del personale non possono attendere. A sostenerlo è stato il nostro direttore responsabile, Alessandro Giuliani, a colloquio, in diretta radiofonica, con la redazione di Radio Cusano Campus durante la trasmissione “Open day”.
“Purtroppo – ha detto Giuliani – su quota 100 non ci sono buone notizie: le pressioni che arrivano dalla Commissione Europea stanno cambiando il copione sulle pensioni del Governo M5S-Lega. A quanto ci risulta, vi sarebbero allo studio delle modalità per disincentivare la fruizione dell’anticipo pensionistico, tagliando l’assegno” in modo più incisivo rispetto a quanto inizialmente si era stabilito.
“La seconda cattiva notizia riguarda la tempistica: a parte la copertura finanziaria, il decreto normativo per attuare quota 100 si è sganciato dalla Legge di Stabilità, e non arriverà né a Natale né a gennaio. A noi risulta che verrà pubblicato non prima di febbraio: questo significa che chi lavora nella scuola avrebbe grosse possibilità di rimanere escluso” dall’anticipo pensionistico “per tutto il 2019. Quindi per docenti e Ata se riparlerebbe solo a settembre 2020: è una prospettiva purtroppo molto realista”.
Il problema è, infatti, che nella scuola le domande per l’accesso alla pensione devono essere fatte proprie dal sistema ministeriale molto tempo prima rispetto agli altri comparti, perché è proprio dalle cessazioni del servizio che si avvia il lungo e laborioso meccanismo della formazione degli organici, che poi porta – dal mese di aprile – alle domande di trasferimento, quindi a tutta la mobilità, poi alle immissioni in ruolo ed infine all’assegnazione delle supplenze annuali sui posti vacanti.
“A questo punto – ha concluso il nostro direttore – rispetto questi tempi, si attende una deroga per la scuola, ma veramente in tempi stretti, rivolta a tutti coloro che nella scuola hanno intenzione di fruire di quota 100 o 41-42. Altrimenti, sappiamo che è già uscito un decreto Miur”, il 16 novembre scorso, “che manda il personale in pensione di vecchiaia cinque mesi dopo, a 67 anni di età, oppure in pensione di anzianità con 42 anni e tre mesi” di contributi “per le donne e 43 anni e tre mesi per gli uomini”.
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