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Pensioni, riscatto laurea a 5.260 euro per ogni anno di studi: a tanti docenti l’agevolazione Inps non conviene

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È quindi pari a 5.260 euro per ogni anno di studi universitari il costo che un dipendente è chiamato ad affrontare per riscattare il diploma di laurea, in modo da maturare i 42 anni e 10 mesi (per gli uomini) o i 41 e 10 mesi (per le donne) ad un’età inferiore ai 67 anni: a seguito dell’approvazione della Legge di Bilancio 2020, lo ha fatto sapere l’Inps, con la Circolare n. 6 del 22 gennaio scorso, attraverso la quale si evince che non vi saranno limiti di età per accedere allo “sconto”.

Cosa dice la Circolare Inps

Interpretando il linguaggio fortemente tecnico-burocratico dell’istituto di previdenza, si scopre ora che il riscatto (pagabile in un’unica soluzione o in 120 rate mensili, che va anche detratto per il 50% dell’importo tramite la dichiarazione dei redditi) sarà aperto a tutti i lavoratori iscritti all’Inps, mentre non sono ritenute utili per l’accesso al beneficio ,e iscrizioni alle casse previdenziali private.

La novità, rispetto al decreto analogo del 29 gennaio 2019, come già da noi scritto, è che cadono il vincolo di età e la soglia del 1996: potranno fare domanda di riscatto, nel 2020, anche gli under 45 e coloro che hanno iniziato a lavorare (quindi a versare contributi all’Inps) dopo il 1996.

“Ora – conferma Il Corriere della Sera -, la circolare dell’Inps ha chiarito che il riscatto agevolato non ha più il limite di età anagrafico dei 45 anni e comprende anche gli anni precedenti al 1996. I lavoratori che hanno maturato meno di 18 anni di contributi al 1995 possono così optare per la liquidazione della pensione con il sistema contributivo, purché abbiano almeno 5 anni di contributi versati con questo sistema (articolo 1, comma 23, legge 335/1995) e applicare all’intera carriera il metodo introdotto dalla Riforma Dini”.

I beneficiari: no agli anni fuori corso

“A essere interessati dal nuovo chiarimento sul «riscatto light» – continua il quotidiano milanese – sono tutti coloro che hanno conseguito un diploma di laurea (o titolo equiparato), sia che siano in attività sia che siano disoccupati. Ma attenzione: così come il riscatto può riguardare anche solo una parte degli anni del percorso di studio universitario, restano comunque esclusi gli anni fuori corso” di laurea.

Quindi, un lavoratore che per laurearsi ha speso sei anni, mentre il suo corso di laurea ne prevedeva solo quattro, potrà chiedere di riscattare non più di un quadriennio di studi accademici.

Se poi in quei quattro anni ha anche svolto dei periodi di lavoro, quindi risulta già coperto a livello previdenziale, quei periodi non vanno considerati: se complessivamente mentre studiava all’Università è stato occupato 10 mesi, ad esempio, potrà riscattare soltanto tre anni e due mesi, anziché quattro anni.

Opportunità da verificare

L’opportunità che l’Inps dà ai lavoratori interessati ad accumulare periodi di contribuzione previdenziale va valutata inoltre con molta attenzione, soprattutto dal personale della scuola.

In particolare, debbono fare un mero confronto, tutti quei docenti che hanno presentato domanda di riscatto della laurea al momento dell’immissione in ruolo, se non addirittura durante il periodo di precariato.

Qualora fossero passati diversi anni, anche decenni, è bene che i docenti prima di reputare vantaggioso il sistema oggi proposto dall’Inps, vadano verificare l’entità del riscatto chiesto alla propria amministrazione scolastica: quella somma, infatti, rimane ancorata allo stipendio risalente alla data di presentazione della domanda.

Per i docenti conviene? Dipende

Quindi, ne consegue che chi ha presentato domanda di riscatto 20 anni fa (considerando che c’era ancora la lira) pagherebbe cifre di riscatto più basse rispetto agli oltre 5 mila euro chiesti oggi dall’Istituto di previdenza per ogni anno di laurea da farsi riconoscere.

Un discorso diverso va invece fatto per chi non ha mai presentato la domanda di riscatto della laurea: farlo oggi o nei prossimi mesi, comporterebbe l’esborso all’Inps di somme decisamente più alte dei 5.260 euro l’anno chiesti oggi dall’istituto previdenziale.

In questi casi, per chi percepisce una busta paga sui 2 mila euro netti, come quella di un insegnante della secondaria a fine carriera, per una laurea quinquennale (come quella di Ingegneria o Architettura), l’Inps potrebbe arrivare a chiedere una cifra vicina ai 50 mila euro.