Tra il ministro Bussetti e l’Inps siamo ormai alla guerra fredda. Il motivo è da ricondurre ai quasi 5mila docenti che a meno di 50 giorni dal loro pensionamento non hanno ancora la certezza che potranno centrarlo, per via del mancato accertamento dei giorni utili.
Ad innescare la polemica a distanza sono state le parole pronunciate da Marco Bussetti a Radio24, il 9 luglio, dove ha detto che “esiste il problema legato all’anagrafe contributiva che doveva essere risolto”. Bussetti aveva parlato poi di “tante situazioni quasi paradossali”, citando un esempio: “calcolando l’anno commerciale e non solare – ha spiegato il responsabile del Miur – ci sono 5 giorni meno all’anno lavorativi e per 40 anni di servizio sono 200 giorni”.
Il giorno dopo, però, intervistato stavolta a Rai Radio1, Bussetti ha tenuto sottolineare anche che “il problema delle pensioni è dell’Inps che lo sta affrontando”, quasi a volere fare un passo indietro sulle responsabilità per la situazione che stanno vivendo tanti pensionandi.
Tempo un paio di giorni ed è arrivata la replica dell’Inps. Nel far sapere che all’Istituto di previdenza sono pervenute 41.000 domande di pensione per il personale della scuola (quindi da docenti, Ata e dirigenti scolastici), con un aumento delle richieste di oltre il 30% rispetto a 2017, e che il riconoscimento del diritto a pensione, con decorrenza dal 1° settembre, è ad oggi fermo a 36.700 persone (comunque 2-3mila in più di quelle indicate dal Miur), mentre per le restanti 4.600 tale diritto non è stato al momento riconosciuto e l’Istituto in stretta collaborazione con i competenti uffici ministeriali sta provvedendo ad approfondimenti, l’Inps ha anche trovato il modo di rispondere per le rime a Bussetti.
La prima risposta riguarda il fatto che il ministro dell’Istruzione aveva detto che anche lo scorso anno si erano verificati questi problemi. “Da quest’anno – dice invece l’Inps – l’Istituto per la prima volta ha assunto su di sé l’attività di certificazione del diritto a pensione per il personale del comparto Scuola, a differenza degli anni precedenti in cui la certificazione veniva effettuata dagli Uffici territoriali del Miur, salvo successiva verifica da parte dell’Inps in sede di liquidazione della pensione. La necessità di procedere ad una preventiva verifica del diritto a pensione deriva dalla peculiare esigenza del comparto scuola di poter garantire all’inizio di ogni anno scolastico la continuità didattica”.
Sempre l’Inps ha poi tenuto a specificare che gli elenchi delle posizioni “incerte” o da completare sono stati inviati al ministero dell’Istruzione nei tempi previsti.
“Gli esiti delle verifiche – sottolinea l’Istituto – sono stati comunicati al Miur, tramite invii dei files contenenti gli elenchi, a partire dal 30 aprile scorso, con contestuale aggiornamento sulle lavorazioni via via effettuate dalle strutture territoriali dell’Istituto”.
Quindi l’Inps, prende le distanze da Bussetti pure sulle spiegazioni tecniche fornite da quest’ultimo per giustificare i ritardi nel chiedere le pratiche: “Con riferimento alle notizie di stampa riguardanti le presunte diverse modalità di calcolo, si precisa che l’Istituto ha da sempre adottato il criterio dell’anno commerciale per la verifica del diritto a pensione. L’eventuale differente modalità di calcolo adottata dal Ministero in ogni caso può comportare esclusivamente limitate differenze con riferimento ai periodi pre-ruolo riconosciuti con provvedimenti di competenza del Miur”.
Inoltre, dice ancora l’Inps, sulla base di ciò, “il riferimento a potenziali differenze di circa `200 giorni´ (citati anche questi dal responsabile del Miur n.d.r.) è da ritenersi destituito di ogni fondamento” (in serata però l’Inps fa cancellare questa ultima affermazione sui 200 giorni).
Quindi l’Inps si toglie anche qualche “sassolino” per il passato: “si evidenzia – dice ancora l’Istituto di previdenza – che il passaggio dell’attività di certificazione, garantendo la piena certezza del diritto, assicura la coerenza tra diritto verificato in anticipo e diritto in sede di liquidazione della pensione, superando il problema dei disallineamenti che si sono verificato negli scorsi anni. Questa mattina (12 luglio) il direttore generale dell’Inps, Gabriella Di Michele, ha incontrato i sindacati della scuola, ai quali ha illustrato tutta l’attività posta in essere, testimoniando la grande attenzione e considerazione con cui la vicenda è seguita dall’Istituto”.
Insomma, se Bussetti ha cercato di sottrarsi delle pressioni girando il problema all’Inps, questo ha replicato con gli interessi.
In mezzo, intanto, 4.600 docenti, più qualche Ata e preside, sperano che tra una diatriba e l’altra riescano dal 1° settembre a festeggiare la meritata pensione.
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