Ammonta 660 mila la quota di dipendenti pubblici che verrebbe collocata in pensione nel volgere di un anno qualora il Governo approvasse quota 100 con soglia minima a 62 anni: il calcolo è stato fatto da Tabula e pubblicato dal Sole 24 Ore: l’ipotesi è che quota 100 con 62 anni di età minima, scrive il giornale economico, potrebbe avere circa 350 mila beneficiari il primo anno con una spesa di 8,5 miliardi e circa 11 miliardi a regime. Se si aggiungono le uscite a 41 e mezzo, attraverso il ripristino della pensione di anzianità ai livelli pre-Fornero, la cifra che salirebbe a regime a 20 miliardi.
“A beneficiare della nuova misura – hanno scritto gli esperti – sarebbero soprattutto uomini del Nord entrati precocemente nel mondo del lavoro, che hanno lavorato in modo stabile e continuativo”. Ma anche tanti docenti, soprattutto quelli che possono far valere i quattro o cinque anni di laurea: per l’Anief sarebbero, Ata compresi, almeno 200 mila.
I calcoli, del resto, non sono molto difficili da fare. Perché con il periodo universitario valido come contribuiti, anche se decisamente oneroso (soprattutto per coloro che hanno tardato a chiederne il riscatto), gli insegnanti entrati nella scuola (nel corso degli anni Ottanta) stabilmente attorno ai 28 anni, si ritroverebbero molto vicini alla soglia indicata più volte come fattibile dal vicepremier Matteo Salvini. E non molto lontano da questa situazione vi è oggi circa un docente su quattro.
L’eventualità, perché è di questa che stiamo parlando visto che l’Inps tiene duro e continua a definire la spesa, non molto lontana dai 20 miliardi di euro a regime, eccessiva se non improponibile, aprirebbe quindi le porte alla liberazione di tantissime cattedre.
Dal Governo, invece, giungono stime più proponibili: per inserire in legge di Bilancio la quota 100 con questi limiti secondo il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon servirebbero tra i 6 e gli 8 miliardi solo il primo anno.
E’ un motivo in più, dunque, per accelerare l’approvazione delle nuove norme che regolano il reclutamento, ma soprattutto l’avvio dei concorsi: tra straordinari (sotto la lente dei giudici) e ordinari (che per evitare ricorsi d’ora in poi si aprirebbero a tutti coloro che sono in possesso del solo titolo di studio annesso), è bene che vengano banditi il prima possibile.
Come, del resto, ha promesso di recente il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, che, per il primo ciclo, ha preso l’impegno pubblico di portarli pubblicazione entro la fine del 2019.
Solo in questo modo, avendo pronti i nuovi docenti, una parte dei quali anche giovani, in modo da svecchiare la categoria, sarebbe possibile attuare il turn over: in caso contrario, il precariato scolastico – che già oggi con oltre 100 mila supplenze annuali è tutt’altro che sconfitto – potrebbe assumere dimensioni ciclopiche.
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