La riabilitazione della Legge Monti-Fornero attraverso il Recovery fund è un “boccone” amaro per almeno mezzo milione di lavoratori pubblici. Lo sanno bene i sindacati, che dal Pnrr si aspettavano che spuntasse una soluzione di buon senso sul post-Quota 100.
Il leader della Cgil, Maurizio Landini a Radio24 ha detto che la partita sulle pensioni “non si risolve dentro il Recovery, ma aspettiamo di essere convocati nei prossimi giorni perché queste riforme si fanno col consenso delle forze sociali”.
“Abbiamo chiesto al presidente Draghi e al ministro Orlando di attivare un tavolo come Cgil, Cisl e Uil, sulla riforma delle pensioni, non c’è solo Quota 100 c’è da rimettere mano al sistema: siamo per l’uscita flessibile da 62 anni in poi e per riconoscere” i lavori usuranti, ha concluso Landini.
“Non possiamo rischiare di creare nuovi esodati così come è avvenuto con la legge Fornero: è per questo che al Governo chiediamo di ascoltarci prima di decidere di escludere a priori la proroga della pensione con Quota 100”, ha invece dichiarato il segretario generale dalla Fnp Cisl, Piero Ragazzini.
“Su questo tema di grande importanza serve una riflessione seria”, ha continuato Ragazzini, perché è “necessario adottare misure specifiche, ma anche per ciò che concerne la corretta separazione tra previdenza e assistenza, così da poter dimostrare che la spesa previdenziale in Italia è pienamente sostenibile e perfettamente in linea con la media europea”.
Bisogna “eliminare la tesi fuorviante che la spesa previdenziale in Italia sia troppo alta, perché si dimostrerebbe che la parte di spesa pensionistica a carico della fiscalità generale è quella relativa alle prestazioni assistenziali e non a quelle previdenziali”, ha concluso il sindacalista Cisl.
Per trovare un punto d’incontro, si era parlato di una soluzione che avrebbe introdotto Quota 102, qualche settimana fa addirittura di Quota 92 e infine di un anticipo inglobato anche nella riforma della PA imposta dal ministro Renato Brunetta.
Ad oggi, invece, a meno di improbabili riforme parallele al Pnrr, si torna ai parametri pieni della riforma Monti-Fornero.
“Non sarà assolutamente così”, assicura il leader della Lega, Matteo Salvini, rispondendo ad Affaritaliani.it alla domanda se la Lega sia d’accordo con l’ipotesi di alzare l’età pensionabile a 67 anni.
“Dopo un anno di Covid, di morte, di sofferenza e di paura, con 500 mila posti di lavoro già persi e migliaia di aziende chiuse, con almeno due milioni di donne e uomini che rischiano il posto di lavoro – ha detto Salvini – non si può certo alzare l’età per andare in pensione”.
“All’Italia – ha concluso il leader del Carroccio – serve semmai il contrario, cioè andare verso Quota 41, per garantire quel ricambio generazionale e quelle opportunità di futuro si giovani che altrimenti sarebbero negate”.
I timori della Lega sono espressi anche dal sottosegretario al Mef Claudio Durigon: intervistato da ‘La Repubblica’ ha detto che “sarà urgente aprire un tavolo sul post-Covid. Serve uno strumento di flessibilità in uscita ancora più forte di Quota 100”.
Il fatto che nel Recovery plan sia sparita la specifica di accesso al pre-pensionamento solo ‘per le mansioni logoranti’ non lo sorprende: “Non potrebbe essere altrimenti: la riforma delle pensioni non si fa nel Pnrr. Quota 100 è stata un ristoro all’iniqua legge Fornero. Lo abbiamo detto in ogni modo che era una sperimentazione”.
Al cronista che chiede se la frase è stata fatta togliere dalla Lega, Durigon replica: “diciamo che le bozze circolate erano sbagliate, forse un residuo del Recovery di Conte”.
“Il modello – conclude il sottosegretario – è quello del mondo bancario: uscire sei anni prima. Bisogna trovare la formula migliore”.
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