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Pensioni, sui ricorsi dei “quota 96” si esprimerà la Corte dei Conti

Si pronuncerà anche la Corte dei Conti sulla decisione del Governo di negare la pensione ai circa 3.500 dipendenti della scuola che maturano i requisiti per lasciare il lavoro il prossimo 31 agosto – attraverso il conseguimento della cosiddetta “quota 96”, tra età anagrafica e contributi lavorativi – non derogandoli delle nuove disposizioni contenute nella riforma Monti-Fornero. A tirare in ballo l’organo di rilievo costituzionale è il sindacato Anief, dopo aver scoperto che la competenza in materia è affidata alla magistratura contabile attraverso il regio decreto 1214/1934: nell’art. 62 si indica, in effetti, che “contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione a carico totale o parziale dello Stato è ammesso il ricorso alla competente sezione della Corte, la quale giudica con le norme di cui agli articoli seguenti. Alla medesima sezione sono devoluti anche tutti gli altri ricorsi in materia di pensione, che leggi speciali attribuiscono alla Corte dei conti, nonché le istanze dirette ad ottenere la sentenza che tenga luogo del decreto di collocamento a riposo o in riforma e dichiari essersi verificate nell’impiegato dello Stato o nel militare le condizioni dalle quali, secondo le leggi vigenti, sorge il diritto a pensione, assegno o indennità”.   
Quanto riportato dal regio decreto, mai decaduto, è stato confermato dal magistrato contabile Pino Zingale durante la III Scuola estiva di formazione dei quadri sindacali Anief, svoltasi lo scorso fine settimana ad Arborea (Oristano). Durante il suo intervento, Zingale, che è delegato al controllo sulla gestione finanziaria dell’Agenzia del demanio, si è soffermato sul ruolo della Corte dei conti nell’attuale ordinamento giudiziario italiano: “la Corte dei Conti – ha detto il magistrato – svolge attività di garanzia sul contenzioso giudiziario, azione di controllo preventivo e si occupa, come competenza aggiunta, anche di processi pensionistici”.
Per quanto riguarda il ruolo di verifica della responsabilità amministrativa, Zingale ha poi sottolineato che le verifiche dell’organo di rilievo costituzionale riguardano anche “i danni patrimoniali che si arrecano ai dipendenti della pubblica amministrazione” e che la stessa “deve quindi risarcire”. Il magistrato ha infine spiegato che “la riforma del 1994 ha cambiato moltissimo la responsabilità amministrativa”, la quale oggi infatti “non mira più a risarcire quanto a sanzionare il comportamento” dell’amministrazione “verso i pubblici dipendenti”.
Alla luce di questa doppia presa di conoscenza giuridica, l’Anief ha quindi deciso di cambiare strategia. Abbandonando in extremis la linea del ricorso-istanza al giudice del lavoro: come spiegato dallo stesso sindacato, entro fine luglio le impugnative, anche quelle che arriveranno all’ultimo momento, verranno inviate alle rispettive Corti regionale. Non tutti coloro che si sentono danneggiati dalla riforma pensionistica Monti-Fornero potranno però aderire: “unica condizione per inoltrare la domanda al magistrato contabile – spiega l’Anief – è aver presentato domanda di pensionamento entro la data prevista dal Miur e aver ricevuto diniego alla stessa”.
Viene ora da chiedersi cosa potrebbe accadere se la Corte dei Conti dovesse dare ragione in corso d’anno alle centinaia di ricorrenti hanno impugnato la mancata deroga per andare in pensione con i vecchi requisiti: lascerebbero il servizio immediatamente oppure rimarrebbero dietro la cattedra sino alla fine dall’anno scolastico? Una soluzione, quest’ultima, che eviterebbe un piccolo “terremoto” didattico. Ma renderebbe ancora più amara la sconfitta per lo Stato, che sarebbe costretto a pagare indennizzi ancora più salati. Soprattutto se la decisione dell’Anief di rivolgersi alla Corte dei Conti dovesse essere presa anche dagli altri sindacati.
Alessandro Giuliani

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