L’anno prossimo vado via. Io nel 2019. A me mancano appena due anni e mezzo, lascerò 61. Tra i cittadini italiani non si parla d’altro: della famigerata quota 100, la somma degli anni anagrafici con quelli dei contributi incamerati, prevista dal Contratto di Governo M5S-Lega, attraverso la quale lasciare il lavoro non più a 67 anni.
Il testo che entro poche ore verrà consegnato a Sergio Mattarella, al punto 17, dice questo: “Occorre provvedere all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cd. “Fornero”, stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse. Daremo fin da subito la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti”.
Ma con 5 miliardi, continuiamo a dire, come si farà a mandare in pensione centinaia di migliaia di lavoratori prima del tempo? I miliardi previsti, sono infatti largamente insufficienti per coprire l’uscita dal lavoro di tantissimi cittadini oggi attorno ai 60 anni: molti sarebbero degli insegnanti della scuola secondaria, visto che hanno in larga parte la possibilità di riscattare 4 o 5 anni di studi all’università.
Ricordiamo che nelle scorse settimane in più occasioni gli economisti nazionali, tra cui Carlo Cottarelli, ex responsabile della spending review, ha detto che servirebbero 15 miliardi di euro iniziali l’anno. Complessivamente addirittura 70 miliardi.
Il problema non è da poco. Perché l’approdo al Governo dei grillini e del partito del Carroccio, entrambi propulsori della cancellazione della Legge Fornero approvata dal governo Monti, non può tuttavia deludere le attese. I due leader, Luigi Maio e Matteo Salvini, lo sanno bene e ora cercano di essere coerenti con la promessa. Ma non sarà facile.
Ancora di più dopo che domenica 20 maggio è stato fatto sapere che da un approfondimento del Def all’esame delle Camere, su cui ha insistito in audizione anche Bankitalia, la spesa pensionistica si è ridotta negli ultimi anni grazie alla riforma Fornero ma a brevissimo, già dal 2020, tornerà a crescere toccando il suo picco nel 2042.
Dallo studio del Mef si evince che il rapporto tra spesa e Pil è di circa il 15% ma a legislazione vigente, conservando cioè tutti gli effetti della Fornero, arriverà comunque tra poco più di 20 anni a superare il 16% a causa dell’effetto demografico, per poi ridiscendere bruscamente dal 2050.
Insomma, se con le norme attuali la spesa pensionistica è destinata a crescere, cosa accadrà se dovessimo assistere ad un’ondata di pensionamenti anticipati, dal momento che verrebbe introdotta quota 100 per la pensione di anzianità? Il dubbio che possa non essere aperta a tutti, oppure prevedere delle penalizzazioni sull’assegno di quiescenza, diventa sempre più consistente.
Ad alimentare il dubbio sull’apertura indifferenziata di quota 100, sono anche le raccomandazioni che la Commissione europea rivolgerà all’Italia e agli altri Paesi Ue mercoledì prossimo: secondo l’Ansa, nel documento ci sarà l’invito ad andare avanti sulla strada intrapresa per assicurare la sostenibilità del sistema pensionistico. Oltre che la sollecitazione a tagliare le pensioni troppo alte (e non coperte dai contributi versati) e mettere in campo politiche per l’occupazione più efficienti che garantiscano pure l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro.
Intanto, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, invita la sinistra a riflettere sui suoi errori: dopo aver detto di temere che “nasca il governo peggiore della storia repubblicana e che la Lega abbia pulsioni fascistiche e razzistiche e che il M5stelle abbia una pericolosa carica sovversiva anticostituzionale”, conferma che in questi giorni “molti lavoratori, più che pensare ad un possibile cambio di sistema della Repubblica, stanno rifacendo i conti sulle proprie pensioni alla luce della riforma proposta dal contratto Salvini-Di Maio”.
Il governatore della Toscana sostiene che “è gradita la nuova ‘opzione donna’ che finalmente nel contratto è una cosa seria” dopo che la riforma Fornero “si è rivelata un calvario per tutti i lavoratori italiani, per centinaia di migliaia di esodati, per milioni di persone già anziane che, spesso fanno lavori faticosi e usuranti”, aggiunge.
Sarebbe questo il grosso errore fatto dalla sinistra e dal Pd: “non averla corretta in tempo è stato esiziale – prosegue Rossi nel suo post -. Renzi ha preferito ‘regalare’ più di venti miliardi alle imprese perché facessero assunzioni agevolate con il suo jobs act, quindi precarie. Grasso di LeU, invece, ha sbagliato proprio il messaggio, dichiarando che ‘la Fornero non andava abolita ma semmai riordinata. I risultati poi si sono visti nelle urne”.
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