Per cambiare bisogna conoscere

Dobbiamo cambiare il modello educativo… questa è la grande scommessa” ha detto Matteo Renzi al termine del Consiglio dei Ministri su La Buona Scuola. Sorprendente il fatto che la bozza del decreto muova in direzione opposta. La tradizionale, obsoleta e inefficace idea di scuola rimane il suo fondamento: l’origine dello stallo in cui essa ristagna non è stata identificata.

Sono decenni che nell’istituzione scolastica si contrappongono due movimenti di pensiero: da un lato il legislatore che ha sviluppato un’ipotesi per promuovere e rinforzare le qualità dei giovani, vista l’impossibilità di prefigurare lo scenario in cui si collocherà uno studente che accede alla secondaria; dall’altro lato il governo che difende un servizio frazionato in insegnamenti, scoordinato.

Da un lato una visione dinamica, in evoluzione; dall’altro lato le contingenze del presente.

La difformità della mission della scuola da quella universitaria è stata ignorata.

Sono state sterilizzate le importanti trasformazioni di cui la nuova denominazione dell’istituzione è portatrice: “Sistema educativo di istruzione e di formazione” è un concetto che implica finalizzazione, unitarietà, progettazione, coordinamento, feed-back.

Si è trascurato che le singole parti componenti una struttura organizzata trovano il loro senso nell’interazione con l’intero apparato, non possedendo significato autonomo.

Sono stati elusi i dettami delle scienze dell’amministrazione. Il “Principio di distinzione” tra organi d’indirizzo politico e di gestione è stato calpestato: “I dirigenti scolastici sono leader educativi” è scritto nelle diapositive di presentazione!

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