“Le mie perplessità non vengono dal fatto che i quesiti fossero facili o difficili, però lo scopo dei quesiti di esame è utile per vedere se il percorso di apprendimento proposto è conforme o no alle aspettative del Ministero”. Tuttavia “quello che ne viene fuori è un’idea della matematica riduttiva, come di una scienza abbastanza gratuita e alla fine priva di quell’immaginazione che invece la caratterizza. In cui i problemi risultano essere inutilmente complicati dal sovrapporsi di condizioni sempre più arbitrarie, pensate per lo più per testare abilità meccaniche che presto verranno dimenticate”.
“Sono modellate”, continua l’esperto, ” su un’idea di studente piuttosto astratta e ingannevolmente ambiziosa: non conosco le percentuali di successo nelle risposte, ma la mia impressione è che se uno dei problemi, e molti dei quesiti, fossero proposti come esame finale di matematica in un primo anno di Informatica o di Economia, dove tali corsi sono previsti, potrebbero facilmente seminare il panico tra gli studenti”.
“Mi chiedo allora se nei prossimi anni, non si potrebbe cercare di proporre dei quesiti esteticamente più gradevoli, e magari tecnicamente meno impegnativi e laboriosi, in cui le domande abbiano una ragione di succedersi, magari guidate da una chiara motivazione applicativa. Che insomma contrastino il propagarsi dei soliti pregiudizi (falsi…), ossia che la matematica non serve a niente e che è solo capace di complicarci inutilmente la vita.”
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