La pensione è parte essenziale del futuro dei nostri giovani, è la serenità dovuta dopo una vita di lavoro, è il riconoscimento di un percorso faticoso da parte della società che si riversa inesorabilmente sulla qualità della vita personale e familiare, soprattutto è d’obbligo sapere e credere che la pensione non segni l’inizio della vecchiaia e dell’inutilità… anzi… è più facile essere disponibili e utili in qualsiasi settore compreso quello professionale, qualora rimanesse una passione… qualora ci fosse la meritata serenità e la dignitosa esistenza che comincia oggi… non tra 40 anni!
Com’è noto si possono riscattare ai fini pensionistici la laurea e titoli a essa equiparati, dottorati, diplomi universitari e corsi di specializzazione.
Il periodo è riferito alla durata legale del corso di studi dal momento dell’iscrizione, ma il riscatto può riguardare anche solo un periodo parziale del corso di laurea o di titoli che siano stati effettivamente conseguiti in un periodo non coperto da contribuzione.
Sono valide anche le lauree ottenute all’estero (se riconosciute in Italia), quelle in teologia o in altre materie ecclesiastiche purché conferite da facoltà riconosciute dalla Santa Sede.
Dal primo gennaio 2008 il riscatto della laurea può essere chiesto anche da chi ancora non lavora e non è iscritto ad alcuna forma previdenziale.
In tal caso, il contributo da riscattare per ogni anno, è pari all’importo derivante dall’applicazione del 33% all’imponibile minimale per artigiani e commercianti di circa 15.000 euro per il 2016.
Esempio: se un neolaureato non ancora occupato, producesse all’INPS un’istanza di riscatto del corso di laurea della durata di quattro anni, il costo complessivo sarebbe di circa 20.000 euro che corrisponde ad una rata mensile di quasi 167 euro per dieci anni a prescindere dal reddito che percepirà in futuro. Se invece, la richiesta di riscatto fosse formalizzata dopo l’inizio dell’attività lavorativa il costo sarebbe calcolato sulla base della retribuzione goduta al momento della domanda che, sarebbe senza dubbio maggiore del suindicato importo minimale.
L’Inps accantona il cosiddetto montante contributivo di 20.000 euro e lo rivaluta di anno in anno secondo dei coefficienti Istat che fanno riferimento all’andamento dell’economia nazionale (inflazione + Pil). All’età del pensionamento, tale montante, così rivalutato, sarà convertito in rendita applicando un coefficiente la cui entità dipende dall’età del pensionamento indipendentemente dal sesso del lavoratore.
Un’ulteriore novità introdotta con la riforma del Welfare-legge 247/07 che interessa tutti i trattamenti pensionistici liquidati con il sistema contributivo, è la computabilità dei periodi di studi universitari riscattati ai fini dell’anzianità contributiva.
Vale a dire che, oltre ad incidere sulla misura, la laurea riscattata ha valore ai fini del raggiungimento dei requisiti contributivi per l’accesso alla pensione anticipata riducendo in tal modo l’attività lavorativa di un periodo pari a quello riscattato.
Il contributo è detraibile dall’imposta dovuta dai soggetti cui l’interessato sia fiscalmente a carico, nella misura del 19 per cento, e diventa totalmente deducibile qualora lo stesso andrà a percepire un reddito personale tassabile.
Le statistiche rappresentanoche sempre meno italiani sfruttano la possibilità di anticipare e incrementare la pensione riscattando gli anni di studio.
Nel 2008 l’Inps contava circa 60 mila domande di riscatto.
A otto anni di distanza le richieste sono diminuite gradualmente e notevolmente tanto da attestarsi l’anno scorso in poche migliaia di domande.
E’ evidente che per molti non sono chiari i meccanismi e l’opportunità di tale operazione non essendo correttamente informati.Le future normative pensionistiche sicuramente cambieranno nei prossimi 30-40 anni. È probabile che si andrà in pensione in età più avanzata, in linea del resto con la longevità che cresce (quasi 80 anni per gli uomini e 85 per le donne, rilevazione 2015).
Gli anni riscattati saranno usati per il conteggio degli anni necessari a maturare l’anzianità lavorativa, che sarà sempre comprensiva degli anni di lavoro più quelli riscattati e quindi con il conseguente maggior montante. Lo Stato non ha tradito e non tradirà chi acquisisce diritti ufficiali. La storia insegna che fino ad ora chi ha riscattato ha avuto sempre ragione e solo in età avanzata il lavoratore si accorge dei vantaggi ottenuti mentre affiorano rimpianti e rincrescimenti da parte di chi non lo ha fatto o ha rinunciato.
Forse è naturale che un giovane neo-laureato non pensi alla pensione, ma occorre che conosca l’importanza e la delicatezza di un momento che arriverà, almeno che sappia di esserea un bivio.
C’è chi consiglia di affidare l’equivalente capitale a un Fondo pensione rispetto alla possibilità del riscatto in parola.
Se si è di fronte a questo bivio, bisognerà ben ponderare la scelta analizzando a fondo i punti di forza e debolezza tra le due soluzioni. La scelta deve essere ragionata e consapevole per non “ cadere “ nei meandri del pressappochismo, della superficialità, del sentito dire…. costa troppo… non conviene!
Gli Enti Previdenziali non prevedono costi di caricamento e di gestione e il rendimento è collegato a un tasso predefinito.
Nei Fondi il rendimento è aleatorio e oltre che dalla rischiosità del sistema dei mercati finanziari, dipende anche dalla bravura dei gestori con conseguenti costi della gestione e assicurativi per la rendita.
Un vantaggio dei Fondi pensione è la possibilità di ottenere un anticipo del versato dopo otto anni e il contributo del datore di lavoro.