La lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il diritto alla fruizione dei riposi giornalieri previsti dal T.U. sulla maternità e paternità nel primo anno di vita del bambino, e se sceglie di non fruirne, il datore di lavoro non rischia alcuna sanzione, come invece accade con l’astensione obbligatoria.
A chiarirlo è il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in risposta ad una richiesta di interpello avanzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro.
La sanzione per la parte datoriale è invece prevista se il diritto alla fruizione viene negato. Infatti, ai sensi dell’art. 39 del D.Lgs. n. 124/2004 “il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore”.
Quindi, il datore deve consentire alla madre la fruizione dei permessi qualora la stessa presenti esplicita richiesta, ma non vi è alcun obbligo per la madre che le imponga di fruirne.
Nello specifico, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di astensione obbligatoria per maternità, la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il proprio diritto, fruendo dei summenzionati riposi; nell’ipotesi in cui decida di esercitarlo e il datore di lavoro non le consenta il godimento dei periodi di riposo troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria stabilita dall’art. 46. Diversamente, qualora la lavoratrice madre presenti una preventiva richiesta al datore di lavoro per il godimento dei permessi giornalieri e successivamente, in modo spontaneo e per proprie esigenze non usufruisca degli stessi per alcune giornate, per il Ministero non è ravvisabile la violazione dell’art. 39 e di conseguenza non potrà trovare applicazione la misura sanzionatoria ad essa collegata.
Il Ministero ipotizza anche quelle casistiche che potrebbero indurre la lavoratrice a non utilizzare i permessi, quali ad es. frequenza di un corso di formazione, impossibilità di rientrare in casa in ragione di uno sciopero dei mezzi pubblici ecc. Quindi, in ogni caso, la rinuncia deve essere spontanea e giustificata da ragioni che rispondano in modo inequivocabile ad un interesse della lavoratrice.