Un esperto al fianco degli alunni disabili o che faccia da tutor per l’intera scuola. Tutto il personale però deve avere la competenza per assistere un ragazzo disabile senza creare discriminazioni.
La proposta in discussione, pubblica Il Messaggero, prevede innanzitutto una formazione specifica per il sostegno che, a differenza di quanto accade oggi, non sia solo una qualifica in più rispetto all’abilitazione didattica su una materia curriculare come può essere matematica o italiano. Ma, come proposto dall’associazione Fish per il superamento dell’handicap, sia esclusivamente un’abilitazione sul sostegno. Con un percorso formativo ad hoc, probabilmente un canale universitario specifico che formi solo sulle tematiche dell’inclusione, anche scientifiche o para-mediche.
La figura quindi del docente di sostegno, così come è stata finora, sarebbe destinata a scomparire. Una sorta di rivoluzione che passa anche per la formazione di base per tutto il personale scolastico con corsi specifici.
Già dal prossimo concorso infatti ci saranno prove specifiche per il sostegno. Poi il reclutamento avverrà secondo i nuovi canali.
L’intenzione del Miur, sottolinea Il Messaggero, è quella di evitare che gli insegnanti utilizzino il sostegno per ottenere l’assunzione e, una volta scaduti i 5 anni di vincolo, chiedere il trasferimento sulla cattedra della materia curriculare per cui si è abilitati.
Una nuova classe di concorso, quindi, da cui non si può uscire a meno che non si riparta da zero con gli studi e la selezione pubblica.
«No al docente medico – denuncia Anief – mancano all’appello ancora 30mila insegnanti. Nelle scuole, ogni anno ci sono 5mila ragazzi disabili in più. Sul sostegno, quindi, in tutto servono 120mila docenti».
Contraria alla “medicalizzazione” del docente anche la Flc Cgil: «Si tratterebbe infatti di un sostegno curativo più che inclusivo.
E non è quello di cui abbiamo bisogno. L’inclusività infatti, fino ad oggi e dove ha funzionato, è stata un fiore all’occhiello della scuola italiana. Scorporando il sostegno dalla didattica, arriveremmo al docente che fa la diagnosi ma che non lavora avulso dal percorso della classe».
Daniela Boscolo, docente di inglese, tra i 50 migliori insegnanti del mondo e da 9 anni impegnata sul sostegno, dice: «Non sono d’accordo, le carriere tra sostegno e didattica non devono essere separate. Il docente conosce le problematiche di una cattedra, di una classe e sa quali metodi adottare». Il vero problema, sottolinea Boscolo, sta nel fatto che “mancano i docenti di sostegno e le ore disponibili sul sostegno: i ragazzi riescono ad ottenere 18 ore sulle 32 complessive settimanali solo in casi gravissimi ma sono il 5%. La media è di 9 ore a settimana: vale a dire che il resto del tempo lo studente è solo, fa da tappezzeria in classe o in corridoio. Le famiglie si disperano e partono i ricorsi».
Il problema dunque si risolve “Oltre che con le assunzioni, servono docenti di sostegno per aree disciplinari: in un liceo classico, ad esempio, deve andare il docente umanistico che possa collaborare al meglio nelle materie”