Si può sputare ad un poliziotto, riversando nei suoi confronti il massimo del disprezzo, e poi farla franca in tribunale? Si può. È accaduto a cinque giovani antagonisti accusati, a vario titolo, di aver sputato contro un poliziotto e due settimane fa assolti dal Tribunale di Milano. Il 22 novembre, la sorprendente sentenza è stata ricordata dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, mentre parlava a Piacenza in occasione del giuramento dei 212 nuovi agenti del 201esimo corso della Scuola di Polizia del capoluogo emiliano.
Il capo della Polizia Franco Gabrielli: gesto di gravità inaudita
“Rispettare la divisa – ha detto Gabrielli – è fondamentale, sia da parte della gente che dei poliziotti stessi. Ecco perché ho stigmatizzato la sentenza che ha ritenuto che sputare a un poliziotto sia un atto di speciale tenuità”.
“Sputare a un agente, o a qualunque divisa che serve il Paese, è un gesto di gravità inaudita. Se è oltraggioso chi non ha rispetto della nostra divisa, ancora di più lo è chi tra noi non ha rispetto della propria divisa e del giuramento di fedeltà fatto alla Repubblica. Noi siamo chiamati a servire, non a essere serviti”, ha concluso il capo della Polizia.
Come gli insegnanti…
Ora, se sputare ad un poliziotto, in divisa mentre esercita la sua professione a tutela dell’ordine pubblico, non è un reato, la stessa cosa potrebbe accadere a chi compie un gesto simile verso un insegnante a scuola? Il dubbio è d’obbligo.
Entrambi, agenti e docenti, rappresentano un “pubblico ufficiale”: entrambi sono al servizio dello Stato. Ed entrambi sono sempre più al centro di invettive e aggressioni. E certi tipi di sentenze, buoniste e giustificanti chissà cosa, rischiano di incentivare ulteriormente questa triste escalation di fatti.
La sentenza della Cassazione
Ricordiamo che con la sentenza n. 15367/2014, la Cassazione ha confermato la qualità di pubblico ufficiale per l’insegnante della scuola pubblica, nella fattispecie in servizio nella secondaria di primo grado, nell’esercizio delle sue funzioni non circoscritto alla tenuta delle lezioni.
Questa condizione non riguarda solo le lezioni in classe, ma la Corte suprema ha rilevato che va estesa “alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi” riconoscendo tutti gli elementi del reato di oltraggio a pubblico ufficiale a carico di un genitore.