Nella maggioranza di Governo c’è aria di bufera. L’ex premier Lamberto Dini, dopo le accese polemiche che hanno accompagnato il voto finale alla legge finanziaria 2007, propone al Presidente del Consiglio, Romano Prodi, sette punti programmatici “imprescindibili”, che suonano come un ultimatum.
E’ “un programma minimo”, da attuare al massimo entro la verifica del prossimo 10 gennaio, altrimenti Dini negherà la sua fiducia al Governo, con lo scopo, già annunciato, di dar vita ad un nuovo governo. Il presidente del Consiglio Romano Prodi non si sottrae al confronto, definendo l’ultimatum diniano un interessante spunto di riflessione.
E’ “un programma minimo”, da attuare al massimo entro la verifica del prossimo 10 gennaio, altrimenti Dini negherà la sua fiducia al Governo, con lo scopo, già annunciato, di dar vita ad un nuovo governo. Il presidente del Consiglio Romano Prodi non si sottrae al confronto, definendo l’ultimatum diniano un interessante spunto di riflessione.
Nei suoi sette punti il leader dei liberaldemocratici tocca temi molto importanti: la spesa pubblica, il ridimensionamento del personale politico, la riduzione del carico fiscale per i contribuenti, il Sud, il problema della sanità pubblica, l’aumento “della produttività del servizio giustizia” e persino la scuola. Infatti il quinto punto della proposta del’ex premier recita testualmente: “Realizzazione del sistema nazionale di valutazione dei risultati scolastici, per legare ogni incremento reale delle retribuzioni degli insegnanti a livello e dinamica della preparazione scolastica degli allievi”.
Insomma il pagamento dei docenti deve essere legato alla reale lavoro svolto in classe con i ragazzi. Lamberto Dini, da parte sua, quindi, non fa altro che rimarcare le posizione del ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, che ad ottobre 2006 in un’intervista per La7 affermava di voler intraprendere una propria e reale battaglia contro i professori fannulloni e assenteisti: “Abbiamo proposto –dichiarava Fioroni– che nella scuola italiana si realizzino serie valutazioni di rendimento che ci diano un quadro chiaro della situazione E, in più, una modifica che sburocratizzi le possibilità di intervento per i consigli scolastici, provinciali e nazionali, salvaguardando la loro autonomia. In questo modo, riteniamo come ministero di poter perseguire quelle poche mele marce che rischiano di dare un’immagine complessivamente devastante degli insegnanti, che sono il settore meno assenteista nel pubblico impiego”. Come dire più preparazione degli studenti, più retribuzione dei docenti.
Adesso si spera che le parole di Dini non vengano lasciate cadere nel baratro della dimenticanza, pena la sfiducia al governo in carica. Non va dimenticato che nella sessantennale storia della Repubblica Italiana qualche governo è caduto anche su temi specifici di politica scolastica.