A leggere e ad ascoltare le dichiarazioni del ministro Patrizio Bianchi sembra che tutto sia pronto per una riforma complessiva del sistema scolastico.
In più circostanze infatti il Ministro ha messo in evidenza il tema della dispersione arrivando persino a dire che uno dei problemi della scuola di oggi è che si boccia troppo.
Viene in mente la famosa frase di Don Milani che in Lettera ad una professoressa scriveva che per cambiare il sistema scolastico ci vogliono tre riforme:
Don Milani aggiungeva anche che è vero che talvolta agli insegnanti viene voglia di levarsi di torno i ragazzi più difficili. “Ma – diceva anche il priore di Barbiana – se si perde loro, la scuola non è più la scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
Certo è che la strada per fare in modo che la scuola, almeno quella dell’obbligo, promuova tutti in modo autentico non basta non bocciare e “mandare avanti tutti”.
E’ necessario che a scuola si lavori per fornire ai ragazzi vere competenze di cittadinanza dalla capacità di comunicare fino a quella di interpretare correttamente la realtà e, perché no, per scoprire insieme le modalità per cambiare la realtà se essa non risponde ai principi della nostra carta costituzionale.
Bisogna anche aggiungere che su come intervenire sul sistema scolastico per renderlo più equo e più rispondente ai cambiamenti sociali ci sono anche idee diverse.
Proprio in questi giorni il segretario del PD Enrico Letta è intervenuto sulla questione della uscita dal percorso scolastico che dovrebbe avvenire non più a 19 anni come oggi ma a 18.
Cosa fare per ottenere questo risultato non è però ancora molto chiaro: c’è chi parla di accorciare di un anno la secondaria di secondo grado e chi pensa invece di anticipare di un anno l’obbligo scolastico.
Si tratta comunque di interventi urgenti perché, come è emerso anche nel corso del G20 svoltosi qualche giorno fa a Catania, il nostro Paese è ancora ben lontano dagli obiettivi fissati dall’Europa in fatto di riduzione dell’abbandono scolastico. Non è un caso che in Italia è molto bassa, rispetto ad altri Paesi, la percentuale di laureati.
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