“Inizialmente il ministero ci aveva promesso un finanziamento di 5oo mila euro”, racconta il vicepreside di un istituto superiore di Milano al Corriere della Sera, “ma in realtà i soldi effettivamente arrivati per digitalizzare la scuola sono stati la metà. Ma siamo riusciti a partire comunque. Certo, abbiamo dovuto aggiungere altri 250 mila euro dalle nostre casse, grazie anche al contributo dei genitori, 100 euro all’anno per ogni ragazzo”.
Grazie a quei contributi “oggi è in funzione una rete wi-fi e tutte le classi tranne le prime sono attrezzate con pc o tablet. I vantaggi? Tantissimi. Gli studenti hanno a disposizione un maggior numero di materiali per studiare. Internet è una risorsa inesauribile. Gli insegnanti, però, hanno davanti sfide nuove: devono riuscire a spiegare come scegliere sul web le fonti più autorevoli”.
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In un’altra scuola del milanese, la preside è riuscita a portare la fibra ottica a scuola per una spesa di 250 mila euro dal Miur, ma con l’aiuto di altri 200 arrivati dalla Regione.
“Dobbiamo andare avanti su questa strada”, dice la dirigente al Corriere. “Non possiamo pensare che oggi i ragazzi arrivino in classe e trovino gli insegnanti con il gessetto in mano. Noi organizziamo corsi di aggiornamento professionale per gli insegnanti. Ma molti di loro sono diffidenti, hanno competenze digitali scarse e pensano ancora di poter tenere solamente lezioni frontali come una volta. Sta a noi presidi fare leva sui docenti più entusiasti per rinnovare completamente la didattica”.
Anche il provveditore di Milano sulla stessa linea: “I finanziamenti vanno benissimo ma non basta dotare le scuole di grandi mezzi se poi in pochi sanno come usarli. Ecco perché gli istituti tecnici, abituati ai laboratori, sono in genere più avanti dei licei. Le scuole, insomma, dovrebbero sfruttare l’autonomia e fare rete per organizzare insieme la formazione per gli insegnanti”.
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