I lettori ci scrivono

Per non dimenticare

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per un pezzo di pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca,

I vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi)

Abbiamo la guerra vicino casa: e Dio non voglia che abiti nelle nostre case.

La Germania continua a influire sulle scelte europee in sede di UE, e noi continuiamo ad obbedire silenti alle scelte tedesche (non soltanto), come siamo soliti fare nelle scelte politiche in casa nostra.

Eppure, come refrain ricordiamo, ogni anno, quanto questo Paese europeo abbia commesso nefastamente.

E i genocidi e la povertà voluta dell’Africa? I Talebani in Afghanistan che hanno ridotto la popolazione alla fame, e rinchiuso le donne nel ghetto buio del non nominato, che non è anonimato, che da noi si chiama femminicidio? E l’America latina, e questo mondo intero con la sua globalizzazione fallimentare, con un’economia che spoglia le tasche dei popoli, sfruttando la stessa Natura sino a non poter più prendere nulla, lasciando come cupola un cielo grigio senza più stelle?

Per non dimenticare.

E i minorenni che entrano in un negozio e prendono a pietrate il titolare, o che per rubare strattonano un loro coetaneo spingendolo da un binario, e gli studenti che prendono a pallottolate una docente, e un’attrice comica che avrebbe fatto meglio a stare zitta?

E i genitori che come in un Far West entrano in una scuola e malmenano i docenti incapaci di valutare i loro figli, tanto da vincere persino un ricorso e riammettere gli stessi, in classe?

E questa nuova misura della meritocrazia, del bravo, questa corsa affannata già persa in partenza, da tutti. Questo continuo promuovere la divisione, rilegando in altri ghetti la cultura, il pensiero, il lavoro faticoso ed esasperato e stanco di un’amore amante del suo amato: la Scuola?

Per non dimenticare.

Avverto come una stonatura il ricordo della Shoà e il nostro quotidiano ricco di reticolati, dove la Politica (e i mass media) tentano di “parlare” alla nostra società connettiva attraverso il nuovo linguaggio della comunicazione tipico del gergo della pubblicità e della Rete, raccogliendo le istanze della società e restituendo l’identità perduta nell’appartenere alla comunità virtuale.

Ogni secolo ha qualcosa di cui ricordare, sempre. Ogni secolo ha il suo il suo influencer.

Primo Levi scriveva: “A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero”. “Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo”.

Siamo forse anche noi al limite di un pensiero ed un agire il cui prodotto ci sta portando dentro un nuovo Lager?

Allora non la corsa alla meritocrazia, al Tutor quale salvatore delle anime. Semplicemente ad una visione che non riduca tutto all’economia del risparmio, alla gestione aziendale, bensì sia visione di un’economia opulenta della dignità, della libertà. Dell’UOMO.

E non soltanto per la Scuola.

Perché non ci si ritrovi, vittime o carnefici, di un’altra Shoà.

Mario Santoro

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