Un inciso senecano, prima (Hoc habeo, quodcumque dedi in De beneficiis, VI, 22), e dannunziano, poi, che non concorda con l’ideologia calcolatrice, avida ed utilitaristica dei nostri giorni, così come con le logiche compensatorie del ben-avere e le relazioni tra equivalenze del do ut des: la sfida è l’oblatività come nuova cultura dell’uomo. Un’inversione di marcia che si fa obbligatoria per riacquisire l’identità di una comunità.
Oggi, nel settore dell’istruzione, il valore del dono appare tanto maggiore quanto più ingente è la perdita: pur non essendo riconosciuta a livello sociale, nelle paludi impantanate di un contratto che tarda ad arrivare, la donatività di categoria, quella insegnante, si fa spinta propulsiva e grammatica di testimonianza civica.
Se la cultura è un patrimonio, la scuola ne è paladina come casa solida di libertà. Ed è soprattutto lente d’ingrandimento per una società miope, quale è quella di oggi. Lungimirante e vitale come un’araba fenice, non abbassa il livello eroico: disarmata, resiste ad ogni stagione politica.
L’ignoranza, invece, ha un costo salato e livella, in un volantino da discount, il pensiero e i diritti dei cittadini. Ecco qui il conflitto di interessi!
Noi siamo ciò che diamo: chi dona insegna e chi insegna si approssima all’altro, donandosi. E’ pur vero che per dare bisogna essere, perché non può donare chi non ha, ma soprattutto, chi non è. Se non hai qualcosa dentro, come puoi dare agli altri? E se non sei, come puoi dare? Avere, essere: i due verbi ausiliari della gratuità solidale.
Ciò che abbiamo donato è un tesoro che accumuliamo negli altri: una società migliore, quella del domani, dal luogo materiale al valore immateriale dell’istruzione. Una passeggiata kantiana di Königsberg, insomma! Il futuro si irrora di quest’atto ciclico di slanci e generosità. Ed infine, chiudendo il cerchio, come non ravvisare un filo rosso tra le ricorrenze vicine dei primissimi di ogni mese di ottobre: la festa dei nonni e la giornata mondiale del docente, rispettivamente il 2 ed il 5 del corrente mese. Il caso come destino di senso. L’insegnante è e sarà in avvenire un angelo laico a custodia del futuro, malgrado la chiamata a digital senior, nonno non tecnofobo, potremmo dire, prima del collocamento a riposo.
di Francesco Polopoli