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Per risolvere il problema delle aule piccole i banchi singoli non sono la soluzione

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La storia dei banchi di ultima generazione, quelli con le rotelle tanto pubblicizzati dalla Azzolina, è diventata ormai una barzelletta.

Dalle autoscontro del Luna Park alla pedalata assistita, non passa giorno che la Ministra non ne intessa le lodi e che chiunque abbia un po’ di senso dell’umorismo non ne faccia battute.

Oggi mi sono ricordato di un curioso fatto accaduto all’università durante la preparazione a un esame di “Composizione architettonica”.

Durante la revisione del progetto di uno studente, il docente segnalava che gli ambienti erano troppo piccoli (mi pare fossero degli appartamenti) e che non c’era lo spazio sufficiente per vivere la quotidianità, una volta arredata la casa.

Alla revisione successiva lo studente si presentò con lo stesso identico progetto, solo che nel disegno aveva rimpicciolito l’arredo (farlo al computer è un attimo): letti lunghi un metro e mezzo, tavoli piccoli e sedie microscopiche. Naturalmente il docente se ne accorse e quello che ne seguì fu una burla passata alla storia dell’università dell’Aquila.

Ecco, la Ministra sta facendo la stessa identica cosa, per risolvere il problema delle aule piccole, vuole ridurre la dimensione dei banchi, solo che invece di farlo su un disegno, sperando che nessuno se ne accorga, vuol farlo comprando questi costosissimi banchi e spendendo inutilmente denaro pubblico.

Non è così che si risolve il problema: le aule erano e sono piccole non per colpa dei banchi, ma per colpa del numero di alunni che ci sono stati messi dentro (problema questo che non si prova minimamente a risolvere, almeno per tutte le classi prime d’Italia). Se anche li tenessimo tutti in piedi, questi nostri poveri ragazzi sarebbero comunque troppi, sia nella normalità sia ai tempi del Covid.

Potrei parlare per ore di questi banchi, dalla pericolosità al fatto che bisognerebbe mettere il freno per evitare il movimento e quindi il non rispetto del metro “buccale”, alla scomodità (6 ore seduti su quei cosi le farei provare un giorno solo alla Ministra), al rischio in caso di sisma (mi riparo sotto la ribaltina per scrivere?), alla totale inutilità per alcune materie (disegno artistico, tecnico o anche solo l’uso di un vocabolario greco-italiano sarebbe impossibile), alla grande fesseria che possano consentire in futuro una didattica innovativa.

Per fare una didattica innovativa ho sempre creduto che bastassero le rotelle nel cervello dell’insegnante, oggi scopro che basta metterle sotto i banchi!

Per favore Ministra, meno chiacchiere e più sostanza, perché settembre è domani.

 

Fabio Macchia