C’era da immaginarlo: non è rimasta isolata la denuncia della Gilda degli insegnanti sull’imminente decreto ministeriale sulla formazione, per l’anno scolastico 2021/2022, che dando seguito alla Legge di Bilancio 2021 introduce l’obbligo di formazione (fuori orario di servizio) di tutti i docenti che hanno nelle proprie classi alunni disabili. Anche la Uil Scuola, alla vigilia della protesta di piazza per modificare il decreto Sostegni Bis: con una nota polemica, nella quale si parla di “diciassette milioni di ore di formazione obbligatorie”, l’organizzazione Confederale si chiede se “siamo sicuri di volere un investimento di questo tipo” ponendo dei dubbi su “cosa porterà in futuro”. Tra l’altro “il governo sceglie di procedere per legge e dimentica che nel patto per la scuola si parla di contratto”.
La Uil Scuola teme che dietro al corso indistinto per tutti i docenti curricolari possa nascondersi la necessità di non rendere più necessaria la presenza degli specializzati su sostegno.
“Siamo agli esordi della fine degli insegnanti di sostegno così come li abbiamo avuti fino ad oggi, in un rapporto diretto con l’alunno. Si smantella una scelta di civiltà”, scrive il sindacato.
“Nelle pieghe della legge di Bilancio, nel Sostegni Bis, si nascondono misure che vanno a smantellare – con perizia ingegneristica – la scuola pubblica come l’abbiamo pensata e voluta fino ad oggi”, incalza il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi.
Svolgere il corso da 25 ore per andare incontro alle esigenze degli alunni disabili, sempre secondo il segretario della Uil Scuola, significa mettere a repentaglio “il lavoro degli insegnanti”, che “si polverizza in una misurazione algebrica, quantitativa invece che qualitativa. Rientrate in classe e recuperate gli apprendimenti: questo viene detto loro. Quando invece, dovrebbero essere create – da oggi – le condizioni per consentire loro di fare appieno il loro lavoro”.
Nelle parole di Pino Turi, quindi, sembra intravedersi una minaccia per la figura tradizionale di sostegno. Nel senso che potrebbe in qualche modo sopperita, se non sostituita, dalla presenza in classe del docente curricolare con cognizioni di base sulla didattica speciale (grazie anche al corso di formazione obbligatorio di 25 ore di prossima emanazione)?
Certo, si tratta solo di un’ipotesi. In ogni caso, si tratta di una situazione che potrebbe venirsi a determinare, riteniamo, non certo in presenza di casi di alunni con disabilità grave, ma solo laddove in classe vi siano studenti con disabilità certificate ma lievi. Siamo, lo ribadiamo, nel caso delle ipotesi. Tutte da verificare. Ma il fatto che se ne parli è indicativo.
Come è indicativo che il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi sia tornato a parlare di formazione per fare il docente.
Parlando durante il seminario sulla proposta di legge “Lo sviluppo delle competenze non cognitive”, introdotto dal vicepresidente della Camera Ettore Rosato, il ministro ha detto che “fin dall’inizio bisogna dare percorsi chiari per chi vuole diventare insegnante”.
“C’è da fare – ha continuato Bianchi – una riflessione sulla università: è il luogo rimasto fortemente legato ad una visione disciplinare, separata, delle conoscenze. Bisogna partire con percorsi di formazione per chi vuole seguire una carriera dignitosa da insegnante”. Una necessità di cui aveva parlato anche la ministra dell’Università Cristina Messa: occorre una maggiore “formazione degli insegnanti”, ha detto la titolare dell’Università nel corso di una recente intervista alla Tecnica della Scuola.
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