Dal notevole incremento di alunni stranieri, cominciato negli anni Ottanta, sono scaturiti numerosi studi volti ad individuare le varie sfaccettature del fenomeno. Nell’anno scolastico 2003-2004, ad esempio, il Ministero dell’Istruzione registrava nel nostro Paese la presenza di oltre 280.000 alunni stranieri con cittadinanza non italiana, rilevando un minor successo scolastico dei piccoli migranti rispetto ai loro coetanei italiani (www.istruzione.it). Oggi, i ragazzi provenienti da 191 paesi diversi che affollano le nostre scuole costituiscono ben il 5 per cento degli iscritti. Una scuola sempre più multietnica dunque, dove, a smentire i pregiudizi e i luoghi comuni sull’incompatibilità tra culture diverse, bambini e ragazzi provenienti da ogni parte del mondo si inseriscono oramai senza molte difficoltà. Due le problematiche registrate: i genitori dei bambini non italiani che spesso frenano la socializzazione dei figli e il fenomeno del bullismo. In generale, però, secondo una ricerca del Cnr, l’integrazione comincia proprio a scuola (www.repubblica.it). Si tratta di un’indagine condotta da due psicologi dell’Istituto di Scienze della Cognizione, Camilla Pagani e Francesco Robustelli, su dieci istituti dell’Italia centrale (tre superiori, cinque medie, due elementari). La ricerca ha interessato un campione rappresentativo della scuola italiana e si è basata su interviste collettive degli insegnanti relative ad alcuni aspetti dell’inserimento dei loro alunni stranieri.
Dai risultati è emerso che in moltissime delle scuole coinvolte non ci sono state particolari difficoltà nell’inserimento dei piccoli migranti. Soprattutto di quelli che hanno già frequentato la scuola materna ed elementare nel nostro Paese. Solo un insegnante su ottantasei ha detto chiaramente che i rapporti tra italiani e stranieri non sono buoni, anche se pare che il problema si inserisca in quello più generale del bullismo. Le relazioni difficili tra i ragazzi, secondo la Pagani, non sarebbero determinate da contrasti culturali ma, per lo più, da ragioni di carattere psicologico. Spesso le vittime dei prepotenti sono gli studenti più fragili, magari appena arrivati in Italia e ancora non integrati nel nuovo contesto. Alcuni insegnanti però, a dire della studiosa, hanno raccontato episodi di razzismo al contrario. Anche se spesso si tratta di forme di reazione aggressiva alle difficoltà insite nell’inserimento.
Alcuni insegnanti hanno inoltre raccontato che sovente i ragazzi di nazionalità diverse non si frequentano molto al di la’ delle ore scolastiche. E la responsabilità, dal punto di vista dei docenti, sarebbe in primo luogo delle famiglie degli studenti stranieri, in particolare di quelli filippini e islamici. Comunità a volte chiuse, che non sempre incoraggiano la socializzazione dei membri più giovani. Secondo Camilla Pagani determinanti in tal senso potrebbero essere le serie difficoltà economiche in cui spesso le famiglie immigrate versano, l’imbarazzo provato di fronte alla possibilità di ospitare gli amici dei figli in case piccole e umili. E poi c’è anche un’altra vecchia piaga: il razzismo. In un paio di istituti superiori coinvolti nella ricerca, alcuni professori hanno infatti denunciato una certa preoccupazione per la diffusione di atteggiamenti razzisti tra gli alunni, soprattutto nei confronti di neri, zingari ed ebrei. Non è un caso, secondo gli studiosi, che questo aspetto interessi solo le scuole superiori, popolati da ragazzi più vecchi e condizionati da fattori molteplici e complessi. Nelle scuole elementari, al contrario, l’inserimento dei bambini stranieri risulta molto facilitato dalla collaborazione dei coetanei italiani.
Tramite l’indagine del Cnr, e per un caso di vera e propria serendipità, si è giunti ad una ulteriore conclusione che riguarda, stavolta, l’atteggiamento estremamente vario degli insegnanti verso i nuovi studenti. A professori e maestre preparati e coscenziosi è stato infatti possibile affiancare persone piuttosto indifferenti al problema dell’inserimento degli stranieri, o con un atteggiamento molto approssimativo. Ancora presenti, infine, vecchi e intramontabili luoghi comuni che attribuiscono caratteristiche di remissività o, al contrario di ribellione, a questa o a quella razza ma, in quanto luoghi comuni non supportati da evidenze scientifiche, non ci soffermiamo nemmeno ad elencarli.
Dai risultati è emerso che in moltissime delle scuole coinvolte non ci sono state particolari difficoltà nell’inserimento dei piccoli migranti. Soprattutto di quelli che hanno già frequentato la scuola materna ed elementare nel nostro Paese. Solo un insegnante su ottantasei ha detto chiaramente che i rapporti tra italiani e stranieri non sono buoni, anche se pare che il problema si inserisca in quello più generale del bullismo. Le relazioni difficili tra i ragazzi, secondo la Pagani, non sarebbero determinate da contrasti culturali ma, per lo più, da ragioni di carattere psicologico. Spesso le vittime dei prepotenti sono gli studenti più fragili, magari appena arrivati in Italia e ancora non integrati nel nuovo contesto. Alcuni insegnanti però, a dire della studiosa, hanno raccontato episodi di razzismo al contrario. Anche se spesso si tratta di forme di reazione aggressiva alle difficoltà insite nell’inserimento.
Alcuni insegnanti hanno inoltre raccontato che sovente i ragazzi di nazionalità diverse non si frequentano molto al di la’ delle ore scolastiche. E la responsabilità, dal punto di vista dei docenti, sarebbe in primo luogo delle famiglie degli studenti stranieri, in particolare di quelli filippini e islamici. Comunità a volte chiuse, che non sempre incoraggiano la socializzazione dei membri più giovani. Secondo Camilla Pagani determinanti in tal senso potrebbero essere le serie difficoltà economiche in cui spesso le famiglie immigrate versano, l’imbarazzo provato di fronte alla possibilità di ospitare gli amici dei figli in case piccole e umili. E poi c’è anche un’altra vecchia piaga: il razzismo. In un paio di istituti superiori coinvolti nella ricerca, alcuni professori hanno infatti denunciato una certa preoccupazione per la diffusione di atteggiamenti razzisti tra gli alunni, soprattutto nei confronti di neri, zingari ed ebrei. Non è un caso, secondo gli studiosi, che questo aspetto interessi solo le scuole superiori, popolati da ragazzi più vecchi e condizionati da fattori molteplici e complessi. Nelle scuole elementari, al contrario, l’inserimento dei bambini stranieri risulta molto facilitato dalla collaborazione dei coetanei italiani.
Tramite l’indagine del Cnr, e per un caso di vera e propria serendipità, si è giunti ad una ulteriore conclusione che riguarda, stavolta, l’atteggiamento estremamente vario degli insegnanti verso i nuovi studenti. A professori e maestre preparati e coscenziosi è stato infatti possibile affiancare persone piuttosto indifferenti al problema dell’inserimento degli stranieri, o con un atteggiamento molto approssimativo. Ancora presenti, infine, vecchi e intramontabili luoghi comuni che attribuiscono caratteristiche di remissività o, al contrario di ribellione, a questa o a quella razza ma, in quanto luoghi comuni non supportati da evidenze scientifiche, non ci soffermiamo nemmeno ad elencarli.