Perché all’Istruzione ci vuole un Ministro – tecnico puro

Non un docente universitario o un rettore; non un intellettuale; meno ancora un economista o un giurista. No: all’istruzione ci vuole un tecnico, che conosca sin nelle pieghe più recondite l’immane ed insensato apparato amministrativo-burocratico in cui sta affondando la scuola di stato.

Peggio ancora di un vuoto normativo, l’incostante ma continuo proliferare di piccole norme, sconnesse tra loro o più spesso in contrasto palese, costringe noi operatori ad inventarci ogni giorno interpretazioni funamboliche pur di garantire un minimo di ordine e di serenità di lavoro.
Una burocrazia in aumento e spinta all’esagerazione, ben lontana da quel processo che pareva determinato per la pubblica amministrazione, obbliga gli uffici degli istituti scolastici ad un lavoro molto spesso fine a se stesso.
Non arrivano finanziamenti per le necessità più urgenti, in particolare dove l’esigenza è più concreta: nel settore degli studenti più piccoli , nel ciclo di base. Siamo nell’ordine di 5 euro a studente. 5-euro-a-studente, all’anno.
In compenso, assistiamo impotenti al proliferare di bandi ministeriali da milioni di euro per ambiti accessori (interessanti, sì, ma non indispensabili), che costringono le scuole ad una rincorsa fratricida dei progetti da presentare, in corso d’anno e alla faccia di una corretta programmazione (che, a rigor di logica, andrebbe determinata a settembre).
Senza parlare dell’impossibilità, per chi ne ha per contratto la responsabilità diretta ma non gli strumenti, di garantire i risultati.
Poche cose serve ora decidere con urgenza, e non si tratta dell’obbligo a 18 anni o del formato dei testi digitali.
Semplificazione immediata a livello burocratico, livelli decisionali (chi fa che cosa), fondi (anche se pochi, ma chiari e a disposizione a inizio anno scolastico), come valutare gli studenti e il personale e con quali effetti.
Ma bisogna fare in fretta: è opinione di tanti che sia già troppo tardi.
I lettori ci scrivono

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