Se una bambina vi chiedesse perché gli aerei volano che cosa rispondereste?
Attenzione perché le domande apparentemente semplici sono le più insidiose!
Allora a questa prima domanda potreste rispondere «Perché hanno le ali» e la risposta sarebbe tecnicamente corretta… e anche chiara per la bambina o per chiunque altro.
Ma se la bambina insistesse chiedendovi «Perché le ali volano?» allora voi potreste rispondere «Perché le ali generano portanza» e anche qui la risposta sarebbe tecnicamente corretta e per quanto si nomini una forza che non è proprio al centro dei pensieri di chiunque, la vostra affermazione sarebbe ancora comprensibile ai più. Se a questo punto però la bambina vi chiedesse «Come mai le ali generano portanza?» Probabilmente direste: «Non lo so!». E la vostra risposta sarebbe giusta e onesta, non soltanto perché voi non lo sapete, ma piuttosto perché nessuno lo sa. Più studiamo un fenomeno e più diventa complesso e profondo. E naturalmente vale lo stesso per la portanza. Senza entrare troppo nel merito tecnico della questione, ci basti sapere che se dal punto di vista matematico il fenomeno della portanza è chiaro e spiegato – possediamo infatti una formula che la misura correttamente –, l’aspetto fisico, cioè come realmente si genera questo fenomeno è ancora oggetto di discussione.
Per spiegare la portanza oggi infatti è ancora utilizzato il teorema di Bernoulli. Daniel Bernoulli per la cronaca è stato un matematico e fisico settecentesco e chissà che risate si sarebbe fatto sapendo che il suo teorema è ancora oggi usato per spiegare un fenomeno impensabile durante la sua esistenza. In realtà con il tempo si è visto che questa teoria non è in grado di spiegare in modo soddisfacente tutti gli avvenimenti (uno su tutti ad esempio il volo rovesciato).
Oggi gli studiosi hanno una conoscenza molto più precisa e dettagliata, ma alla fine concordano su un aspetto: ad oggi non esiste una spiegazione semplice del fenomeno e non è detto che mai ci si arrivi.
La portanza non è un’eccezione, gli aerei non sono un’anomalia, ma sono la regola. La scienza funziona proprio così. Se pensiamo che la scienza sia o debba essere un sistema perfetto che dopo una serie di osservazioni ed esperimenti genera (per induzione) una teoria generale e solo a quel punto possiamo “credere” o “fidarci” di quel sapere, allora abbiamo un’idea molto distante della realtà, sbagliata e addirittura pericolosa di sapere scientifico. La scienza è un sapere altamente efficace proprio perché a tutti i livelli e in tutte le discipline si basa sulla misurazione dell’incertezza e del dubbio.
Lo dico perché questo vale non solo per la fluidodinamica ma per la fisica in generale, per la matematica e a cascata per la chimica, la biologia, la geologia, la fisiologia, la medicina, la psicologia e tutte le altre discipline. Pensare ad esempio che siccome i medici non hanno ancora tutte le risposte sul funzionamento del corpo, che ci sono in gioco teorie e modelli diversi e che per questo il loro lavoro non sia “sicuro” e lecito dubitarne è sbagliato come pensare che siccome non conosciamo appieno la portanza allora domani gli aerei potrebbero smettere volare. L’incertezza è un valore, nella scienza come nella vita, perché ci spinge a osservare, a sperimentare, a conoscere e soprattutto a imparare e a distinguere i dubbi fondati da quelli infondati.
Riscopriamo il valore dell’incertezze e cerchiamo di far pace con un sistema di conoscenza che è tanto diffuso, ma ancora profondamente frainteso.