L’argomento non è certamente nuovo, anzi. Ma la situazione degli insegnanti italiani non è delle migliori negli ultimi anni e ci sono diverse ricerche a sostenerlo.
I fattori principali di questo malumore diffuso fra i docenti sembrano essere essenzialmente due, strettamente connessi: gli stipendi non adeguati al carico di lavoro e alle responsabilità e lo stress della vita da insegnanti, che procura sempre più effetti burnout.
Per quanto riguarda gli stipendi, abbiamo già parlato della ricerca Fpa, che nella classifica degli stipendi della Pubblica amministrazione vede i docenti i meno pagati fra i dipendenti pubblici con 29.130 all’anno, contro i 142.554 euro all’anno dei magistrati, che guidano questa speciale classifica.
Purtroppo non è una novità tutto questo, e il rinnovo contrattuale previsto porterebbe nelle buste paga dei docenti solo 85 euro in più al mese, che certamente non contribuirà a cambiare le sorti di una categoria.
Ma i docenti si aggiudicano un (triste) primato: sono i dipendenti pubblici più stressati, guardando anche le domande di inabilità al lavoro.
A riferirlo è uno studio dell’INPDAP, che analizzando le domande di inabilità lavorativa e facendo degli accertamenti sanitari mirati a tutti i lavoratori del pubblico impiego, si è arrivati alla conclusione che gli insegnanti sono i lavoratori che soffrono più di tutti lo stress, che spesso è la porta principale per la sindrome del burnout, patologia che procura ansia, esaurimento, panico, irritabilità, agitazione e riduzione dell’autostima.
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Per cercare i motivi non bisogna spingersi in trattati di neuropsichiatrica, ma sono sotto gli occhi di tutti, fanno parte della vita quotidiana degli insegnanti:
– il rapporto con gli studenti, che cambia da un grado all’altro, ma che con le dovute specificità è un fattore di grande fatica.
– Le interazioni con i genitori, oggi più che mai pretendono troppo e spesso difendono a spada tratta i propri figli
– le classi pollaio, problema vecchio che però, nonostante sentenze e leggi, non si riesce a debellare
– i tempi lunghi di precariato, che usurano spesso la vocazione del docente in attesa di una stabilizzazione
– il prestigio sociale che negli ultimi tempi sembra essere svanito.
Non ultimo, certamente, il problema iniziale del discorso, ovvero la retribuzione non idonea alle attività e alle responsabilità, legando come accennato in precedenza, il fattore stipendiale e quello usurante del lavoro in modo strettamente complementare.
Intanto il Ministro Fedeli, in un’intervista esclusiva alla nostra testata, ha dichiarato la priorità di intervenire proprio sugli stipendi degli insegnanti. Staremo a vedere come andranno le cose.
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