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“Perché insegnare? Ma chi te lo fa fare?” Risponde il prof. Enrico Galiano con la bellezza nascosta dietro ogni lezione

“Ma chi te lo fa fare?” È la domanda che ogni insegnante si sente rivolgere, se non a parole, negli sguardi pieni di perplessità di amici e parenti. Chi glielo fa fare davvero?

Lo spiega Enrico Galiano, scrittore e professore, che racconta come a motivarlo siano momenti unici. Come quando una studentessa, abbattuta per gli errori nel suo compito, riaccende la luce negli occhi con un semplice complimento sulla sua scrittura. O quando un ragazzo solitamente distratto ricorda qualcosa che nemmeno l’insegnante riesce a rammentare.

Ecco il testo integrale pubblicato su i suoi canali social.

Ma chi te lo fa fare? Se hai scelto di fare questo mestiere, è una domanda che ti senti fare, ogni tanto. E, anche se non te lo chiedono proprio proprio con le parole, spesso la vedi scritta negli occhi della gente, amici e parenti che ti guardano con quell’espressione un po’ così, mezza compassione mezza: MAH. Già.

Chi me lo fa fare. Me lo fa fare L., che arriva da me tutta abbacchiata perché ha visto tanti segni rossi sul suo compito, ma quando le dico “Ehi, ma lo sai che scrivi proprio bene?”, una scintilla le si accende negli occhi. Perché gli errori con l’esercizio si imparano a evitare: certe sensibilità, certe delicatezze dell’anima che si nascondono nella filigrana della scrittura, o le hai o non le hai.

Eh, chi me lo fa fare. Me lo fa fare J., sempre silenzioso, sempre distratto, nel suo mondo, totalmente refrattario a qualsiasi compito, presa di appunti, studio, che poi ti stupisce tutto in un colpo e si ricorda alla perfezione una cosa che hai spiegato un mese fa e che per poco non ti ricordavi neanche tu.

Chi me lo fa fare. Me lo fa fare E., l’ansia fatta persona, a cui non riesci a strappare una parola in classe, che poi di punto in bianco si esalta all’idea di impegnarsi in politica e decide di candidarsi a Sindaca degli studenti, con tanto di manifesto elettorale e Chi me lo fa fare.

Quell’istante. Quello lì. Quello che due secondi prima non sono ancora niente, e poi li vedi diventare qualcosa. Quello che prima era solo terra e poi sbam, appare un germoglio che la terra la rompe e grida la sua voglia di sbocciare. Quello in cui uno solo, un solo fiore, ti ripaga di tutto il tuo sudore, di tutto il tuo seminare.

Redazione

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