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Perché Manzoni a scuola? Perché è un monumento alla lingua italiana

Perché Manzoni a scuola? Perché leggere i Promessi sposi in classe? Perché è l’unico grande romanzo della letteratura italiana. Perché apre varchi immensi alla storia d’Italia, perché indica come si ricerca e il valore della ricerca e poi perché allarga la visuale alla comprensione della lingua che Manzoni conosceva in maniera perfetta e che rimane comunque un monumento, un punto di riferimento letterario, un passaggio obbligato per chi volesse scrive e parlare correttamente. 

Si possono aggiungere altre osservazioni sul romanzo in generale, sul romanzo dell’Ottocento e sulla sua vasta eco acquisita nel romanticismo, ma servirebbe a poco, anche perché per lo più sono concetti noti.

Quello che appare assurdo, nella proposta di cancellare I promessi sposi dalla scuola, è l’idea di sostituire quel romanzo con titoli di autori stranieri, più vicini alla mentalità dei ragazzi, viene detto, e alla loro sensibilità.

Che è una blasfemia, perché leggere Marc Twain, o qualche altro pur grande scrittore dell’intero mondo, significa avere a che fare col suo traduttore non già con lo scrittore direttamente. Questo è compito dei docenti di lingue straniere, quello cioè di fare gustare, chi ci riesce, le pagine in lingua originale, ma proporre un autore straniero durante le ore di lettere italiane, significa appunto studiare non l’autore ma il traduttore: e i traduttori dei grandi classici stranieri sono tanti. 

E significa pure mettere la nostra straordinaria lingua italiana in posizione subalterna ad altre lingue straniere che però sono montate, per maggiore scherno,  dai traduttori.

In Germania nessuno si sognerebbe di sostituire Wolfgang von Goethe o Friedrich Schiller con questi stessi autori stranieri abilitati a prendere il posto di Alessandro Manzoni, neanche coi grandi romanzieri inglesi, quelli che diedero corpo e sostanza al romanzo medesimo già nel 700. 

Il problema della noia a scuola e della repulsa dell’autore, come il caso di Verga e Tamaro, non dipende dall’argomento o dalla trama obsoleta, ma da chi quell’argomento e quella storia propone e cioè dal docente che forse per primo non ha chiaro ciò che legge in classe.

Vediamo se spiegando Dante o leggendo la Commedia alla scolaresca, ciascun professore avesse uguale competenza e verve e passione e amore e patos che dimostrano di avere Roberto Benigni o il compianto Vittorio Sermonti, quanti alunni si annoierebbero.

Fra l’altro all’estero tutta la nostra letteratura è poco frequentata, ma come è poco frequentata in Italia. Un solo esempio. Moltissime delle opere liriche di Giuseppe Verdi sono tratti da libretti di autori stranieri e questo capitava anche nel teatro di prosa dell’Ottocento, prima di Pirandello. 

Ma questa è un’altra storia.   

Pasquale Almirante

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