Nello speciale clima di riforme della scuola italiana, ad opera – quasi esclusiva – del ministro dell’Istruzione Bianchi, da Orazio Ruscica, segretario nazionale Snadir (Sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione), giunge un’ulteriore proposta. Egli afferma: «Frequentare l’ora di religione cattolica a scuola non è come fare catechismo. Anzi, considerando la rilevanza della disciplina, nel fornire le chiavi interpretative dell’esistenza, servirebbero due ore anziché una a settimana».
Che dire? Evito di commentare. Il tema è delicato. E assai insidioso. Di certo bisognerebbe discuterne tutti di queste proposte. Di certo sarebbe necessaria una riflessione collettiva – autentica, plurale – sul ruolo sociale e politico della scuola, oggi. E di eventuali cambiamenti.
E comunque, approfittando di questo speciale clima di riforme della scuola italiana, mi chiedo: come mai, nel Belpaese, nel Paese che possiamo considerare un vero e proprio museo diffuso, nel Paese con più siti Unesco al mondo, nel paese che punta decisamente a un ulteriore incremento culturale e turistico, nel Paese del “made in Italy”, nelle scuole di ogni ordine e grado le ore di arte sono così esigue?
Certo, riuscire a realizzare vere riforme – possibilmente migliorative – in ambito scolastico, a seguito del taglio di 4 miliardi di fondi all’istruzione, da parte del governo Draghi, ci sembra complicato. Ma, evidentemente, il ministro Bianchi è un indomito ottimista. Noi docenti italiani, invece, siamo diventati degli inguaribili scettici.
Leandro Janni
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