Prendo spunto dalla lettera “L’insegnamento della religione cattolica scuola, perché no” per dirvi la mia.
Quando nel 1929 ci fu il Concordato Stato-Chiesa vigevano in Italia determinate condizioni sociopolitiche, in virtù delle quali fu conveniente imporre lo studio del Cattolicesimo nelle scuole: Mussolini voleva il consenso di un paese ancora quasi interamente cattolico (di nome e di fatto).
Quando nel 1984 il Concordato fu rivisto vigevano altre condizioni sociopolitiche, in virtù delle quali fu conveniente rendere facoltativo lo studio del Cattolicesimo nelle scuole: il paese non era più così cattolico, c’era stato il ’68 con la sua rivoluzione dei costumi moral-sessuali, si stavano affermando altre confessioni religiose ed altre ideologìe che non si potevano ignorare.
Oggi, nel 2020, la situazione è nuovamente cambiata: si affermano nuovi valori spesso e volentieri in contrasto con la dottrina ufficiale della Chiesa (che fondamentalmente rimane la stessa di sempre) e l’insegnamento della religione è sempre più in crisi. Prova ne sia il fatto che tale materia si è ormai trasformata in una sorta di educazione morale e civile quasi laica: molti IRC tengono lezioni su diritti umani, integrazione sociale e simili, cose che si possono fare benissimo senza ricorrere alla religione.
Quindi? Quindi tanto vale abolire l’insegnamento della religione: chi desidera una formazione spirituale può frequentare la parrocchia, il catechismo, la messa.
E gli insegnanti di religione? Non c’è problema: la loro preparazione permette di insegnare anche altre materie: storia, filosofia, educazione civica.
Per le questioni di cui sopra il paese cui ispirarsi dovrebbe essere la Francia: laica e neutrale nei confronti di qualsiasi religione, il che non significa affatto essere antireligiosi, significa solo tenere separato il lavoro degli uomini di Cesare da quello degli uomini di Dio.
Daniele Orla
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