Perché sono contro il preside elettivo

Periodicamente ritorna il tema del preside elettivo, già caldeggiato dalla Gilda.

Scrive Reginaldo Palermo: Il conflitto docenti/dirigenti scolastici sembra ormai ad un punto di non ritorno, almeno se si deve prestare fede a ciò che si legge in rete. Non passa giorno senza che nei social si leggano commenti pesanti – talora ai limiti della diffamazione – nei confronti della categoria dei dirigenti scolastici.”

Ma non è con il preside elettivo che si risolve il conflitto. Occorre che il preside sia super partes e non prius inter pares, perché in tutte le organizzazioni, non solo in quella scolastica, vi è la necessità di autorità e di leadership.

La contrarietà all’elezione deriva non tanto dal selezionare le competenze per concorso, perché – come scrive Pasquale Almirante – quelle si possono trovare anche senza concorso.  

Il problema è che l’elezione del preside fa venir meno l’imparzialità; significa scendere a compromessi con gli “elettori” che non possono essere delusi, una volta che ti hanno dato il voto. Chi si ricorda di quando il vicepreside era elettivo e c’erano gli scontri tra i docenti per  candidarsi alla carica, sa di cosa parlo. Se ti mostravi poco duttile nel concedere certi “favori”, non si era più eletti.

Si dirà: ma noi proponiamo un preside  che viene eletto una sola volta, con scadenza di cinque anni.

E’ ancora peggio, perché si cristallizzeranno difetti che quando uno è eletto magari non sono emersi.

Il contratto di un dirigente scolastico, invece, scade dopo tre anni, alla fine dei quali c’è una valutazione da parte di un organismo esterno che gli può confermare l’incarico o meno.

Vi immaginate, poi, il preside “eletto” che valuta i docenti che lo hanno eletto?

A meno che non si è contro la valutazione dei docenti, quindi non è con la semplificazione di un preside elettivo che si sciolgono i nodi.

Piuttosto  la soluzione sta nel creare un “middle management”, un corpo intermedio di docenti che aiuti il dirigente scolastico, riconoscendo una carriera agli insegnanti.

E per mantenere la democrazia della scuola (senza che il preside diventi un autocrate), occorre che ci sia un bilanciamento dei poteri tra dirigenza scolastica, collegio dei docenti e consiglio d’istituto.  

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