L’evidenza empirica “conferma che la qualità degli insegnanti, variamente misurata, costituisce un fattore importante nel determinare i risultati dei processi formativi, anche se con un peso inferiore rispetto al ruolo giocato dalle caratteristiche individuali degli alunni e dal background familiare e ambientale”.
A dirlo LaVoce.info che aggiunge: “La questione del reclutamento e dei meccanismi retributivi e di carriera degli insegnanti è centrale nel confronto sulla riforma dei sistemi d’istruzione a cui si somma il fatto che l’età media del corpo insegnante, particolarmente in Italia, è elevata e che, quindi, in vista del consistente ricambio che si dovrebbe realizzare a breve, appare urgente la necessità di migliorare i meccanismi di selezione e autoselezione delle risorse umane nella scuola”.
“In Italia- scrive LaVoce.info- l’idea di fondo è che vi sia un’offerta perfettamente corrispondente ai bisogni di bravi insegnanti o di individui pronti a scegliere percorsi professionali che conducono all’insegnamento, che attendono solo di essere assunti. Nei fatti, non vi è motivo per pensare che sia così. Il punto fondamentale è che il reclutamento è condizionato a monte dai processi di auto-selezione dei candidati.
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“È ragionevole prevedere che le attuali prospettive retributive e di carriera degli insegnanti possano indurre solo una quota ridotta di giovani molto motivati e con buoni risultati accademici a intraprendere i percorsi educativi e professionali che conducono all’insegnamento. Anche perché l’immagine sociale dell’insegnante è peggiorata decisamente in questi anni. Si tratta di una quota di giovani insufficiente a soddisfare i fabbisogni del paese, tenuto conto anche dell’elevata età media dei docenti attualmente in servizio e che dovranno essere sostituiti.
“Tra i laureati che a cinque anni dalla laurea hanno optato per l’insegnamento, quelli provenienti da indirizzi in concorrenza con le libere professioni risultano selezionati in maniera meno virtuosa, in termini di credenziali accademiche (voto di laurea e di diploma, regolarità degli studi)
“Prescindendo dalle motivazioni intrinseche, chiede il giornale online- per quali motivi un promettente diplomato dovrebbe scegliere un percorso universitario finalizzato all’insegnamento o un brillante laureato in matematica o fisica optare per l’insegnamento invece che per una carriera da esperto in finanza?”
Come è stato illustrato, “l’adozione di criteri meritocratici per attrarre buoni insegnanti risulterebbe molto costosa in termini di risorse pubbliche assorbite, per essere efficace. Il mancato riconoscimento di questo aspetto essenziale rischia di peggiorare la qualità del reclutamento. Vi è da temere che le riforme introdotte in questi anni non abbiano aumentato, tra le nuove generazioni, il valore dell’opzione di divenire insegnanti; possono anzi aver contribuito a ridurlo – perché hanno imposto maggiori oneri a carico della docenza, legati ai meccanismi della responsabilità, senza che a ciò siano corrisposti adeguati benefici retributivi e di prospettive di carriera. È dunque improbabile che, continuando a seguire questa filosofia, l’offerta di insegnanti di qualità possa migliorare in futuro”.
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